“Giulietta, qui è tutto grigio, tutto fermo, tutto silenzio” sussurrano le voci presenti nella mente della protagonista. Giulietta degli spiriti è un film di cui proprio il colore è il filo conduttore tra i vari mostri del suo inconscio.
La vita della protagonista sembra essere priva di sfumature: tutto è o nero o bianco. Le scenografie e i costumi legati alle presenze che lei avverte e ai ricordi della sua infanzia sono caratterizzati da colori cupi e atmosfere oscure, mentre la casa e i suoi abiti sono spesso luminosi, di un bianco candido e puro. Ma tra il nero e il bianco compaiono tanti altri colori attorno a Giulietta. I suoi ospiti e la sua famiglia indossano infatti abiti stravaganti e coloratissimi, che stonano con la sua sobrietà e semplicità.
Questo equilibrio si spezza nel momento in cui a Giulietta viene riferito il tradimento del marito. Quello stesso giorno abbandona i soliti abiti austeri per presentarsi ad una festa vestita completamente di rosso, pronta a trasgredire e a lasciarsi andare. Per la prima volta sentendosi sicura, bella e apprezzata, sale le scale della grande sala con eleganza e si fa ammirare dagli eccentrici ospiti. A questo punto Fellini ci regala un gioco di sguardi e sensazioni in cui i dialoghi diventano superflui, la musica si fa sempre più intensa e noi spettatori ci sentiamo parte degli invitati che osservano Giulietta. La canzone ci culla mentre lei si accascia a terra con le lacrime agli occhi ma sempre continuando a sorridere e a osservare gli altri, di cui vengono inquadrate le espressioni.
Questo film non poteva che essere a colori, che ne raccontano la trama in maniera impeccabile, senza bisogno di parole.
(Testo di Irene)