Il passerotto lascia la tana

Nato da un esercizio di scrittura creativa questo testo pone a confronto il rapporto tra padre e figlia con due animali ben diversi eppure legati da un tratto comune.

È ora. Il passerotto deve volare via. Da me.

Foto: Pixabay

Mia figlia, un passerotto. Minuta, esile, con le piccole zampette e le ali delicate si allontanerà e prenderà il volo. Volerà via da me.

Fragile, sfuggente, rapida, leggera. Se il passerotto è abituato a muoversi in gruppi di dieci esemplari circa, lei è abituata soltanto a me e ai suoi pochi amici, la sua famiglia. Come un passerotto, però, è molto socievole, a suo agio tra le persone, anche quelle che non conosce. Graziosa, leggera, anima pura. Svolazza qui e lì, saltella e sorride, a tutti. Il passerotto cinguetta, lei sorride. Alle persone piace averla intorno.

È socievole ma per niente ingenua. Un passerotto sa riconoscere un pericolo e sa come sfuggirvi. Mia figlia sorride, saltella qui e lì e parla amichevolmente con tutti, ma percepisce subito se c’è qualcosa che non va. Qualcuno che non va.

Con il piccolo becco, le labbra sottili, parlotta e scherza. Sempre. Non sono mai riuscito ad essere come lei. Non è nella mia indole. Lei porta luce, leggerezza. Come un passerotto è libera. Fa pensare alla libertà. E io devo lasciare che sia. Libera.

L’ho accompagnata per mano ad ogni suo primo giorno, sono stato padre ma sono anche stato madre, le ho preparato la cartella ogni sera e le ho spazzolato i capelli ogni mattina, ma adesso è ora, deve volare via. Saltellerà qui è lì, svolazzerà di casa in casa, di città in città, e troverà la sua strada. Sopravviverà. Il piccolo passerotto è adulto, non sa quello che le aspetta, ma saprà sempre come cavarsela. Saprà quando essere sfuggente e quando potrà fermarsi. Poserà le fragili zampette sull’erba di un giardino sicuro e cinguetterà, farà amicizia, porterà leggerezza.

Lo sapevo. Ero pronto. Sono sempre stato preparato all’idea che sarebbe cresciuta e avrebbe lasciato questa casa. Ma io, un orso, per istinto devo proteggere il mio cucciolo. E il mio cucciolo adesso deve prendere il volo.

Foto: Pixabay

Sono stato padre e sono stato orso, burbero, scontroso, difficile da avvicinare. Con la mia ingombrante stazza, sbadato, inadeguato, solo. Frainteso. Sono stato sempre frainteso, isolato, ma il mio unico e solo pensiero è stato proteggere il mio passerotto, il suo nido, mia figlia, la nostra casa.

Sono un uomo, sono un padre, sono un orso. Come l’ursus arctos, l’orso bruno, sto lontano da chi non è della mia specie, sono diffidente, riservato, taciturno. Mi avvicino all’essere umano solo in situazioni di pericolo, solo per proteggere chi amo. So di non piacere alla maggior parte della popolazione, so di incutere un certo timore, ma non posso fare altrimenti, non riesco ad essere nient’altro se non me stesso.

Nessuno mi conosce davvero. “Sei un orso” mi dicono, ma nessuno sa davvero come siano gli orsi. Come si sentano davvero. Ci sono alcuni falsi miti legati alla figura dell’orso, uno di questi è l’essere carnivori. Nessun orso è esclusivamente carnivoro. L’orso bruno, in particolare, è onnivoro e ha un’alimentazione prevalentemente vegetale. Questo lo sanno in pochi. Tutti pensano che un qualsiasi orso mangerebbe un essere umano in qualsiasi momento per un qualsiasi motivo. Non è così. La narrazione non corrisponde alla realtà.

Mi sento un orso perché, pur sforzandomi, non riesco ad avvicinarmi agli altri quanto vorrei e sento che gli altri non hanno nessuna intenzione di avvicinarsi a me. Anzi, mi sento piuttosto evitato. Escluso. Emarginato. Mi sono sempre sentito così, ma non con mia figlia. Il passerotto è un animale sfuggente, eppure lei non è mai fuggita da me. Sono stato un buon padre, nonostante i miei pochi strumenti e le mie poche possibilità, e lei mi ha sempre capito. Ha sempre mostrato entusiasmo nei miei confronti, comprensione, affetto. Non sono stato un padre troppo loquace, ho sempre parlato poco, ma a lei andava bene così, parlava al posto mio, cinguettava per me. Penso sempre che avrebbe forse preferito una madre, un genitore che le somigliasse di più, con cui avesse più argomenti in comune. Eppure non ha mai mostrato insoddisfazione verso il mio modo di essere padre, ha reso il mio ruolo estremamente semplice. È stata figlia, semplicemente, e c’è stata.

Sono pronto a lasciarla andare, anche se sarà dura, sono pronto a vederla partire con la sua valigia rossa e volare via.

Passerotti e orsi sanno riconoscere un pericolo, sanno sopravvivere, ma lo fanno in modo diverso. I passerotti volano via, muovono rapidamente le ali leggere e fuggono. Gli orsi si alzano in piedi e iniziano a rugliare, si rendono spaventosi, terrificanti. Ma hanno paura. Passerotti e orsi provano paura allo stesso modo, anche se la esprimono in modo diverso.

(Testo di Alessia Noia)

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