Non possiamo non meravigliarci della modestia che traspare da questa citazione pronunciata dall’artefice di una trentina di pellicole cult, il regista Federico Fellini.
Con Federico Fellini non sono nate solo opere d’arte filmiche, fonte di ispirazione e oggetto di studio di tanti registi e attori nazionali ed internazionali, ma anche neologismi della lingua italiana come felliliano, vitellone, paparazzo, dolce vita e amarcord, che hanno contribuito a diffondere vari cliché sull’Italia e sugli italiani in tutto il mondo.
Se da un lato questi rimandano a stereotipi di connotazione negativa, (il concetto di la dolce vita viene spesso interpretato come metafora di ozio, l’immagine del vitellone come il tipico italiano scansafatiche, mammone e latin lover), d’altro canto questi cliquè hanno reso internazionale l’espressione fotografica ed estetica della genialità artistica italiana.
Federico Fellini è probabilmente il regista italiano più conosciuto fuori dal proprio paese, è stato vincitore di 5 premi Oscar, è stato la voce che ha raccontato al mondo dell’Italia dagli anni ’30 agli anni ’90, partendo dal Fascismo per arrivare a descrivere il caos e il disorientamento degli anni ’90.
Nato a Rimini nel gennaio del 1920, quest’anno ne ricorre il centenario della sua nascita. Una strana coincidenza, proprio nell’anno più strambo dell’ultimo secolo, l’anno dell’inaspettato Covid-19, che sembra essere sorprendentemente idoneo a riscoprire il Fellini visionario, bravo a raccontare del caos, del sogno, dell’abnorme e dei bizzarri comportamenti di massa.
È dunque il momento giusto per riscoprirlo, riavvicinarsi alla sua poetica, apprezzare i suoi film. Federico Fellini credeva che l’arte potesse fare miracoli, trasformare la sconfitta in vittoria, la tristezza in felicità. Ma per poter afferrare questa chance, sia come artista che come fruitore, bisogna essere nella predisposizione giusta, saper applicare una certa igiene di “mente” o di “spirito”, a cui allude lo stesso Fellini già negli anni ‘80 nella sua biografia “Fare un film”. Di fronte al caos scaturito dall’uso incontrollato e commerciale della televisione e dei media scrive: “Sarebbe forse il caso che ogni tanto e per periodi lunghi, la televisione restasse spenta, la radio tacesse, i giornali smettessero di uscire, in modo che ognuno tornasse ad avere il tempo di occuparsi veramente di sé stesso, della propria individualità, magari soltanto per rimettere insieme i pezzi, i brandelli.”
Non dovremmo farlo anche noi prendendo le distanze dalla confusione generale di un’opinione pubblica resa insicura dalle proteste dei negazionisti e complottisti, dalle testate appariscenti dei giornali alla ricerca disperata di espedienti per richiamare l’attenzione di un pubblico ormai coinvolto personalmente nella diffusione di notizie ed opinioni attraverso i social media?
Alcuni dei film più importanti di Federico Fellini possono fare da specchio nel mostrarci scenicamente il caos – si pensi ad “Otto e mezzo”, allo smarrimento di Guido Anselmi di fronte alla produzione artistica del suo prossimo film, alla confusione nella sua vita privata. “Otto e mezzo” è un film di ricordi, sogni, dubbi ed incertezze, dove alla fine affiora la voglia di ritornare alla gioia ingenua e primitiva dell’essere bambini. Non è quello che desideriamo oggi anche noi, dopo tutte le varie forme di limitazione anticovid che condizionano la nostra vita?
Nei film di Fellini possiamo scorgere anche l’origine di fenomeni del presente; si pensi ai truffatori in “Il bidone”, ai loro furbi espedienti, precursori di truffe moderne, non molto diverse da quelle si attuano oggi in internet. Altri film di Fellini ci lasciano invece perplessi, pieni di domande aperte, si pensi a “Casanova” o a “La città delle donne”.
Gli studenti della laurea magistrale Italienisch e Romanistik: Kulturkontakte und Kommunikation presentano qui le loro prime impressioni spontanee dopo la visione dei film di Federico Fellini. Non si tratta dunque di contenuti che fanno riferimento a saggi critici o a una specifica letteratura secondaria, ma brevi testi ispirati da scene o frasi che hanno colpito in particolare l’attenzione degli studenti-spettatori, per la maggior parte appartenenti a una generazione cresciuta in un altro contesto storico-culturale, molto lontano ideologicamente, economicamente e culturalmente da quello in cui sono nate le opere felliliane.
I film presi in esame sono: “Le notti di Cabiria”, “La Strada”, “Giulietta degli Spiriti”, “La dolce vita”, “Otto e mezzo”, “Fred e Ginger”.
Per facilitare la comprensione cliccando sull’apposito link troverete i testi dei podcast.
Buon ascolto e a presto sul Blog della Sprachpraxis Italienisch alla HHU!
CINZIA TANZELLA
NOTA: „Sono nato, sono venuto a Roma, mi sono sposato e sono entrato a Cinecittà. Non c’è altro.“ (F.Fellini) Con questa citazione di F. Fellini si apre “L’alfabeto di Federico” di Oscar Ianussi, un glossario felliliano contenente le definizioni di ventitré parole-chiave, indicatrici della poliedrica personalità del regista, lettura consigliata!
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