„La dolce vita“ è considerato uno dei capolavori di Fellini e tra i più celebri film della storia del cinema a livello mondiale.
Il protagonista di questo film, Marcello Rubini, è un giornalista che si occupa di servizi scandalistici, ma la sua reale vocazione è quella di diventare uno scrittore di successo.
La domanda che sorge spontanea è “Cos’è realmente la dolce vita?”
La dolce vita è un mito. È il mito di quella Roma da sogno, turistica e malinconica, che dorme di giorno per svegliarsi ogni sera in via Veneto. Il titolo quindi gioca con amara ironia, sulla contraddizione che si manifesta nelle vicende tra l’idea di vivere sotto i riflettori, facendo una vita dolce, e la disperata e precaria esistenza che finisce poi per colmare lo schermo.
La „dolce vita“ si dimostra quindi priva di significato, distruttiva e mendace, ma il suo fascino e la sua attrazione sono comunque ampiamente diffusi. Quell’agognato desiderio di ritrovare sé stesso, di scoprire dove risieda davvero la sua felicità, è ciò che sembra motivare Marcello nel ricercare conferme proprio nei personaggi che lo circondano. Come scrittore vuole dire qualcosa di essenziale, ma non è in grado di farlo: non c’è niente di essenziale da dire.
In “La dolce vita” la crisi di Marcello ruota intorno al mondo in cui lui vive che viene rappresentato come frivolo. Ma non è solo la storia di un giovane uomo ma è anche quella di un vivere adagiati, immersi, perdendo le aspirazioni in Via Veneto, nei salotti dei nobili. Di festa in festa, di donna in donna, Marcello è sempre più insoddisfatto del suo presente, inebetito da tutto il bello che gli sta intorno.
Un momento di svolta nella storia sarà costituito dal suicidio di un caro amico del giornalista, che raccoglieva in sé tutte le più profonde aspirazioni di Marcello e rappresenterà per il protagonista l’allegoria della morte di tutti gli ideali in cui egli credeva.
Nel finale del film forse Marcello ritrova la speranza in quella mano che gli viene protesa dalla giovane fanciulla sulla spiaggia, forse troppo tardi perché egli possa davvero riconoscerla.
Oppure finirà forse per diventare anche lui, come nella scena finale, un derelitto senza vita, trascinato dalla corrente.
(Testo di Carmine)