6. L‘appetito vien mangiando

Buongiorno a tutti e benvenuti a un nuovo episodio del podcast degli studenti del dipartimento di Romanistica dell‘università Heinrich-Heine di Düsseldorf. 
 
 Questo podcast è dedicato a chi impara l‘italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco. 
 
 Io mi chiamo Mirella, ho 20 anni e vi presento oggi questo episodio che fa parte della rubrica dedicata a espressioni o modi di dire che hanno a che vedere con la cucina. 
 
 Modi di dire ed espressioni figurate sono parte integrante del modo in cui comunichiamo gli uni con gli altri. Ogni lingua ha i suoi peculiari modi di dire: espressioni spesso difficili da tradurre in un‘altra lingua,  che eppure tante volte ritroviamo nell`altra lingua in espressioni simili.  
 
 Se ci soffermiamo sull’italiano e sul tedesco, vediamo che sia nell‘uno che nell‘altro ci sono tantissime espressioni che riguardano la cucina e il mangiare. 
 
 Vi viene in mente qualche esempio? 
 

Sicuramente conoscete l’espressione „L‘appetito viene mangiando“?
 Esiste anche in tedesco „Der Appetit kommt beim Essen“ e significa che l‘appetito viene quando si comincia a mangiare. 
 Immaginate di essere in un ristorante e all‘inizio di non avere tanta fame poi vedete il menù e vi viene l‘acquolina in bocca e così dopo un antipasto ordinate un primo piatto e poi anche il dessert e magari anche un caffè. 
 Ma questo modo di dire non si riferisce solo al cibo in senso stretto. Talvolta si impiega per sottolineare che un’attività, un hobby o un qualsiasi altro interesse, può cominciare a piacere solo dopo averli iniziati.
 Per esempio, sai che devi fare sport, è necessario per stare in forma, ma non hai proprio voglia e devi convincerti a farlo, poi – quando cominci non puoi più farne a meno.
 Infine “l‘appetito vien mangiando” viene usato anche in senso metaforico. Si usa per dire che più si ha e più si vuole avere.

 Continuiamo con un altro modo di dire che esiste in entrambe le lingue: “fare cuocere nel suo brodo”, simile in tedesco all‘espressione “im eigenen Saft schmoren lassen”.
 “Fare cuocere nel proprio brodo” significa far sì che una persona paghi le conseguenze delle sue azioni; significa anche non curarsi di qualcuno lasciando che si arrangi con i propri mezzi. 
 In genere ci si riferisce a una persona testarda. È interessante vedere che in tedesco esiste anche un‘altra espressione che vuole rendere il cavarsela da soli.

Immaginate che una vostra amica abbia combinato un vero e proprio caos raccontando ai suoi genitori una bugia e coinvolgendovi nel problema: Io le direi: „Du hast Mist gebaut! Das kannst du jetzt allein ausbaden“, cioè „Hai combinato un pasticcio, ora te la vedi da sola“. 
 Da notare che Mist significa letteralmente letame, reso in italiano con la parola “pasticcio”, una pietanza composta da una base di pasta ripiena di vari ingredienti e cotta al forno.

In senso largo un pasticcio significa una situazione complicata, poco chiara. 
 Invece “Mist“ è usato generalmente in tedesco per indicare sfiga,
 
cretinate e porcheria, ma può avere anche un uso più volgare, perché la parola significa letteralmente escrementi animali, come dicevo prima, letame.

 
 (Pausa) 


 Ora tornando al brodo del modo di dire precedente, in tedesco si sente dire anche l‘espressione „in der Brühe sitzen oder stecken“, letteralmente „essere nel brodo“ che significa invece essere nei guai o in una situazione non piacevole e che in italiano si potrebbe rendere anche con il modo di dire „essere nella melma“
 

(Pausa) 

L’ultimo modo di dire di questa puntata è “non si mettono insieme le pere con le mele”. Questa espressione significa che non si possono mettere insieme due cose che non c’entrano niente insieme. Alcuni conoscono questa espressione dalle  elementari, quando la maestra, spiegava proprio che non si possono mettere insieme le mele con le pere. Per indicare che non si sommano metri con centimetri o chilogrammi con litri. 

In tedesco esiste la stessa frase Du kannst Birnen nicht mit Äpfeln vergleichen che grazie all‘immagine di due frutti diversi ci fa capire che non va bene fare un paragone tra cose che sono diverse l’una dall‘altra, neanche tra due persone che per caratteristiche fisiche, età e carattere sono diverse tra loro. 

Siamo arrivati alla conclusione. Oggi abbiamo visto molte espressioni e modi di dire nelle due lingue.

L‘appetito viene mangiando.

Fare cuocere nel suo brodo.

Combinare un pasticcio.

Non si mettono insieme le pere con le mele.

Quale espressione vi è piaciuta più di tutte? 

Scrivetelo nei commenti. 

Spero di essere stata chiara e precisa con la mia spiegazione e i miei esempi.

Se avete delle domande, scriveteci o se volete imparare altri modi di dire, continuate a seguirci e ascoltate le altre puntate del podcast! 

Grazie per l’ascolto!

Ciao a tutti, Mirella! 

Mirella, corso Interkulturelle Kommunikation, Sprachpraxis Italienisch

5. Finire a tarallucci e vino

Ciao a tutti!

Benvenuti in questo nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf.

Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco. Cercheremo infatti di mettere in evidenza e spiegare tutte quelle espressioni di uso quotidiano talmente radicate all’interno della nostra cultura da risultare solitamente incomprensibili per chi ha intrapreso lo studio dell’italiano.

Questo episodio fa parte della rubrica dedicata alle espressioni idiomatiche legate al mondo della cucina.

Il mio nome è Laura, sono una studentessa italiana in Erasmus a Düsseldorf, e oggi vi parlerò di alcuni modi di dire italiani, che sono legati ad ambiti della mia vita di tutti i giorni o alle tradizioni dei luoghi in cui sono cresciuta.

Iniziamo!

La prima espressione di cui voglio parlarvi è “finire a tarallucci e vino”.

Questo modo di dire è molto utilizzato da noi italiani per indicare che una situazione o una questione che sembravano in partenza serie o sul punto di portare a gravi conseguenze, alla fine si risolvono in modo amichevole o, perché no, anche festoso.

Il significato si fa risalire all’antica tradizione contadina, quando, nel momento in cui si presentavano a casa degli ospiti, il padrone preparava loro un aperitivo casalingo a base delle cose più semplici che aveva nella sua dispensa: un buon bicchiere di vino della casa e dei tarallucci.

I taralli o tarallucci sono dei biscotti secchi tipici di tutta l’Italia centro-meridionale; venivano consumati durante o a fine pasto, accompagnati da un bicchiere di vino. Erano e sono ancora un simbolo di convivialità, il cibo della famiglia che si ritrovava a cena dopo una lunga giornata.

Quando insomma, il padrone offriva ai suoi ospiti i tarallucci insieme al buon vino in segno di benvenuto, non faceva altro che ricreare la serenità e la convivialità dell’atmosfera familiare.

Noi italiani usiamo spesso l’espressione “finire a tarallucci e vino” per dire ad esempio che un litigio si è risolto in maniera pacifica. Ascoltate attentamente questo esempio: “Le cose fra Paola e Maria si erano fatte così difficili che sembrava che la situazione dovesse esplodere da un momento all’altro; fortunatamente è intervenuta la loro coinquilina Sara che le ha fatte ragionare aprendo un dialogo, così che tutto è finito a tarallucci e vino!”

Proseguiamo e rimaniamo in tema cibi semplici della tradizione contadina. La seconda espressione di cui voglio parlarvi oggi è: “cascare a fagiolo”. Il modo di dire “cascare a fagiolo” o “capitare a fagiolo” si usa quando qualcosa o qualcuno di inaspettato capita al momento giusto.

L’origine di quest’espressione deriva dall’antichità, quando i fagioli erano alla base dell’alimentazione quotidiana, facili da conservare e quindi molto presenti sulle tavole dei contadini. Per questo motivo, se un viandante arrivava inaspettatamente presso la casa di un contadino, si diceva che capitava a fagiolo, quando cioè il pranzo era servito in tavola. E il pranzo era, indovinate un po’…. fagioli!

Secondo un’altra teoria della tradizione contadina, l’espressione deriva dal fatto che un tempo i fagioli venivano raccolti quando erano molto maturi: in quella fase bastava toccarli appena e questi, pensate, si staccavano dalla pianta. “Cascare a fagiolo” esprime in questo caso l’idea di qualcosa ottenibile senza sforzi.

Una tipica situazione in cui noi italiani usiamo questa espressione è ad esempio, quando abbiamo bisogno di qualcuno e quel qualcuno compare proprio in quel preciso istante, come in questo dialogo, ascoltate: –

“Francesca, sapresti aiutarmi con questo problema di matematica? Quanto vorrei che quel genio di Andrea fosse qui!” – “Mi dispiace Lau, ne so meno di te… ma aspetta, sta arrivando Andrea per davvero!” – “Andrea…. Caschi proprio a fagiolo, potresti aiutarmi con questo problema?”

La terza e ultima espressione di cui vi parlerò oggi è “rendere pan per focaccia”. Questo modo di dire significa ricambiare nella stessa maniera o in modo peggiore un torto o un’offesa subita.

L’origine più accreditata del detto risale addirittura al Medioevo, al tempo in cui i pellegrini portavano dietro un pane duro e sottile, poco saporito ma facile da trasportare. Questo pane, che veniva cotto sui carboni, veniva chiamato focaccia, dal latino focacius, ovvero“cotto sul fuoco”. Queste focacce, per intenderci, erano meno pregiate del pane tradizionale, e con il tempo l’espressione “rendere pan per focaccia”, prese il significato di vendicarsi con la stessa moneta di un torto subito.

Vediamo insieme come viene usata in questo caso:

“Gaia, inventandosi la scusa del mal di testa, non è venuta alla mia festa di compleanno; Mercoledì prossimo festeggerà il suo, ma io non mi presenterò, rendendole pan per focaccia!”

E voi, cosa dite quando volete vendicarvi di qualcosa nelle vostre lingue? Avete qualche modo di dire simile a quello dei tarallucci e vino? Cosa dite quando l’occasione giusta arriva al momento giusto?

Commentate il nostro blog facendomelo sapere! Queste erano le mie espressioni del giorno, spero tanto che la puntata di oggi vi sia stata utile e che abbiate imparato qualcosa di nuovo.

Un saluto da Laura e alla prossima!

Laura, corso Interkulturelle Kommunikation, Sprachpraxis Italienisch

4. Fare il biscotto

Buongiorno ragazzi, benvenuti ad un nuovo episodio del podcast degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf. 

Mi chiamo Wesley, ho 27 anni e vengo da Düsseldorf, il capoluogo del Nordreno-Vestfalia, che con 18 milioni di abitanti è la regione la più popolata della Germania. 

Oggi parleremo delle espressioni idiomatiche italiane correlate al cibo.

Non c’è di meglio, vero? Soprattutto adesso che l’estate si avvicina.

Quando fa caldo si pensa a mangiare sano, alimenti freschi, piatti squisiti, grigliate, risate con gli amici e degustazioni di vino.

C’è più allegria rispetto al periodo buio invernale, l’inverno 2022 poi… meglio non parlarne, specialmente non a un tifoso italiano di calcio. Solo il Natale ha saputo riscaldare i cuori. Quando ci penso mi viene nostalgia, menomale che qui in Germania già a fine agosto si possono comprare i dolci natalizi. 

Che bello, ora che ci penso mi si apre il cuore, penso alle vie di Düsseldorf piene di mercatini di Natale dove si possono apprezzare gli odori natalizi. Come il vin brulè, le salsicce alla brace e tanto altro…

A chi non viene voglia di fare i biscotti natalizi anche se mancano 12 settimane a Natale?

Sono semplici, gustosi e rapidi da fare.

Un momento…Parliamo di Natale? Natale 2022? L’anno dove c’era il mondiale invernale in Qatar? Il secondo mondiale di seguito senza l’Italia dopo la non qualificazione al mondiale russo del 2018.

Una vera e propria tragedia per un paese amante del calcio che vede i tifosi attraversare un inverno buio, lungo, triste e soprattutto senza voglia di mondiale.

In quel periodo ho apprezzato molto i dolci natalizi, soprattutto i biscotti napoletani, come i mustacciuoli, i roccocò, i susamielli.

I biscotti?

Attenti che i biscotti non vengono ben digeriti dai tifosi azzurri. Come mai? Che c’entrano queste delizie con le delusioni calcistiche?

Per dare una risposta dobbiamo tornare al lontano 2004, quasi vent’anni fa. Che successe all’epoca?

Siamo al campionato europeo del 2004, torneo continentale che ha luogo in Portogallo. L’Italia era una tra le favorite per la vittoria finale, ma prima di poter accedere ai turni finali del torneo, doveva vedersela con la Danimarca, la Svezia del conosciuto Zlatan Ibrahimovic e infine la Bulgaria.

Ora vi dico perché si parla di biscotto agli europei del 2004.

L’Italia dopo aver pareggiato le prime due gare aveva bisogno di una vittoria contro la Bulgaria. E vittoria fu… solo che la Danimarca e la Svezia con molta solidarietà scandinava non diedero spettacolo durante il loro incontro. Bastava il pareggio ad entrambi per passare e pareggio fu. Con l’indigestione del biscotto per gli azzurri, che furono eliminati. 

Possiamo quindi dire che la prestazione dell’Italia a questo torneo fu deludente, i media sbagliarono sulla loro favorita. 

Per chi non l’abbia ancora capito, “fare il biscotto” in ambito sportivo, significa mettersi d’accordo sul risultato finale, affinché giovi ad entrambe le squadre in campo, purtroppo non fa tanto onore al fairplay.

Vorrei aggiungere in conclusione che l’Italia “fece tanto fumo e poco arrosto” a Euro 2004.

Tanto fumo e poco arrosto? Mica stiamo facendo una grigliata penserete.

No, quest’espressione idiomatica significa in questo contesto, che si pensava esser riusciti a fare molto, ma alla fine si è fatto meno di quello che si voleva.

È una situazione che può condurre alla frustrazione, alla delusione, alla tristezza e in alcuni casi anche alla rabbia.

Essere un tifoso di calcio non è sempre semplice, noi italiani lo possiamo testimoniare.

Ma ora che il mondiale è passato non ci resta solo che aspettare il prossimo grande torneo, l’Europeo 2024 che si terrà in Germania.

Speriamo che il paese ospitante porti bene, ci ricordiamo con grande felicità del mondiale vinto nel lontano 2006 in Germania.

Allora sì che abbiamo passato un buon Natale gustando vin brulè, un buon vino caldo, ai mercatini natalizi… ma attenti col vino, come dicevano gli antichi latini, in vino veritas, che significa che bevendo vino si tende ad essere molto sinceri e a dire la verità, chiaramente perché l’alcol ci fa perdere le inibizioni che di solito ci fanno controllare quello che diciamo.

State attenti a cosa dite allora dopo qualche bicchiere di vino. Il segreto di un caro amico va mantenuto, sennò, si arrabbierà così tanto che vi potrebbe “mangiare vivi”, sapete cosa significa?

Mangiare vivo qualcuno” significa essere talmente arrabbiati con una persona, che la si rimprovera violentemente, anche aggredendola verbalmente. Potete almeno stare sereni, non vi divorerà nessuno con una lavata di capo.

D’altra parte, quel vostro amico potrebbe sentirsi trattato come un baccalà, che come ben sapete, è un merluzzo seccato nel sale, un piatto molto celebre nelle culture mediterranee. Ma in questo caso parliamo di una persona stupida, perché nel contesto che abbiamo descritto si è fidato di voi.

Ma ricordiamoci ragazzi, la cucina italiana è appena stata eletta come la migliore al mondo, i motivi li sappiamo tutti, vero? Le tavolate italiane non sono seconde a nessuno.

Sono sinonimo di allegria, gioia di vivere, piacere e atmosfera familiare, e soprattutto, in Italia non manca mai il buon vino, perché dove regna il vino, non regna il silenzio.

Dopo questo, vi lascio e vi auguro una buona giornata. Io ora vado a mangiarmi un bel panino con la salsiccia, accompagnato da un bel bicchiere di vino. 

Ci sentiamo ragazzi, un abbraccio e alla prossima!

Wesley, corso Interkulturelle Kommunikation, Sprachpraxis Italienisch

3. Una mela al giorno toglie il medico di torno

Benvenuti in questo nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf. Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco. Cercheremo infatti di mettere in evidenza e spiegare tutte quelle espressioni di uso quotidiano talmente radicate all’interno della nostra cultura da risultare solitamente incomprensibili per chi ha intrapreso lo studio dell’italiano. Questo episodio fa parte della rubrica dedicata alle espressioni idiomatiche legate al mondo della cucina. Il mio nome è Martina, sono una studentessa italiana in Erasmus a Düsseldorf, e oggi vi parlerò di alcuni modi di dire italiani, che sono legati ad ambiti della mia vita di tutti i giorni o alle tradizioni dei luoghi in cui sono cresciuta.

La prima espressione di cui parleremo oggi è “o ti mangi questa minestra o ti butti da questa finestra”. Facendo alcune ricerche online sono riuscita a capire che si tratta di un proverbio calabrese; infatti, esiste anche la variante in dialetto “o ti magni sta minestra o ti jetti da finestra”, scusate la mia pessima pronuncia ma purtroppo il calabrese non è il mio dialetto. L’immagine stessa che evoca il modo di dire rende molto evidente il significato dell’espressione: tu sei prigioniero in una stanza e come unico pasto ti viene imposto una disgustosa minestra; a quel punto, quindi, sono due le opzioni: o mangi la disgustosa minestra oppure ti puoi buttare dalla finestra e sperare per il meglio. Questo modo di dire rende evidente sul piano figurativo che quando ci si trova ad un bivio e non si ha altra via d’uscita bisogna optare per il male minore. In caso dell’esempio appena fatto io probabilmente sceglierei la minestra piuttosto che rischiare e buttarmi dalla finestra.

Buttarsi giù dalla finestra sarebbe un’azione abbastanza faticosa che probabilmente porterebbe al diventare rossi dalla fatica. E questo mi porta alla nostra prossima espressione della giornata: “essere rosso come un pomodoro” oppure “essere rosso come un peperone” due espressioni per dire praticamente la stessa cosa usando due ortaggi dello stesso colore. Solitamente lo si usa quando qualcuno diventa rosso in faccia, magari perché ci si vergogna di qualcosa o perché si è timidi. Immaginate una situazione come questa: siete tra la gente ed inciampate per sbaglio e cadete; le persone intorno a voi iniziano a ridere, voi diventate rossi come un pomodoro dall’imbarazzo.

Questa espressione viene anche usata quando qualcuno ha il raffreddore ed è tutto rosso in faccia. Oppure anche quando si è stati troppo tempo al sole quindi ci si è scottati. Parlo per esperienza personale, mi succede spesso di scottarmi e di essere paragonata ad un peperone da mia sorella o dai miei amici.

Il rosso, non so perché, mi fa venire in mente la mela avvelenata di Biancaneve. Ecco ora mi è venuta voglia di una bella mela succosa, ovviamente non avvelenata preferibilmente, ma… sto divagando. Però parlando di mele mi viene in mente un famoso proverbio: “una mela al giorno toglie il medico di torno”. Partiamo con il dire che questo proverbio non è solo un proverbio; infatti, ci sono degli studi che confermano gli effetti salutistici presenti nelle mele.

L’origine di questo proverbio è stata abbastanza complicata da trovare; infatti, alla fine ho trovato solo una storiella su un sito in internet di cui però non sono sicura dell’attendibilità. La storia, però, mi sembrava carina come spiegazione e quindi ve la racconterò lo stesso, però se voi conoscete o avete altre idee sull’origine del proverbio magari commentate e diteci la vostra opinione sul nostro blog.

La storia narra che in una città in un’epoca non definita erano stati commessi una serie di omicidi in concomitanza ad una carestia. Ogni notte una casa veniva saccheggiata e chiunque avesse visto l’invasore veniva ucciso. Dopo circa due settimane, il droghiere locale posizionò al centro della piazza un tavolino con sopra delle mele ed un bicchiere di latte, e si nascose sul campanile. Poco dopo la mezzanotte il droghiere vide avvicinarsi un individuo con in mano una borsa nera e vestito di un lungo camice bianco. La misteriosa figura si fermò alla vista delle mele e del latte e girò velocemente la testa in più direzioni come se stesse cercando l’autore di questo gesto. Il droghiere rimase nascosto fino all’alba e quando il mattino dopo si avvicinò al tavolino, notò che la sinistra figura aveva preso solo una mela senza toccare il latte. Quella notte non ci fu nessun delitto. Da quel giorno ogni notte una mela veniva messa su quel tavolino per allontanare quella figura misteriosa. La figura misteriosa venne poi descritta come un dottore: camice bianco, borsa piena di attrezzi chirurgici.

Il proverbio più probabilmente deriva dal detto inglese: “eat an apple on going to bed, and you’ll keep the doctor from earning his bread”, che in italiano sarebbe: “mangia una mela quando vai a letto, e impedirai al dottore di guadagnare il suo pane”. Il proverbio con il passare degli anni poi venne modificato per poi diventare quello che noi conosciamo oggi.

E con questo concludo la puntata di oggi sui proverbi riguardanti la cucina, che, come avete potuto notare, non riguardano mai l’ambito culinario. Io vi ringrazio e vi saluto. Mi raccomando seguite il podcast!

Ciao a tutti da Martina!

Martina, corso Interkulturelle Kommunikation, Sprachpraxis Italienisch

2. Che cavolo di storia!

Ciao a tutti!

Benvenuti a un nuovo episodio del podcast degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf.

Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco. Cercheremo di mettere in evidenza le differenze tra l’italiano e il tedesco o, come in questa puntata, qualche particolarità di una delle due lingue.

Questo episodio fa parte della rubrica dedicata ai proverbi con riferimento alla cucina e alla tradizione culinaria.

Il mio nome è Sofia e oggi vi parlerò per la prima volta a modo mio di questo argomento.

Vi presenterò una situazione ed alcuni esempi che girano intorno a un solo alimento… Capirete subito di cosa si tratta.

È un ortaggio facile da trovare in tantissime varietà sui banchi di un mercato come nei grandi supermercati. Viene lodato sin dai tempi più lontani per le sue proprietà. Gli antichi lo consideravano una pianta sacra, nata dal sudore di Zeus, afrodisiaco e in grado di curare una quantità di malattie: Sto parlando del cavolo.

Oltre ad essere di grande beneficio per la salute, è un alimento versatile e ci sfida a portarlo a tavola in tanti modi diversi. Essendo però molto economico e commerciale è divenuto simbolo di cosa spregevole oppure di scarso valore e poco pregiato.

Infatti “Non valere un cavolo” significa non valere nulla, nemmeno quanto un cavolo.

Ecco, non solo versatile in cucina, anche nel linguaggio figurato il cavolo è “il re dei modi di dire”.

Da italiana che vive in Germania ovviamente mi trovo molto a contatto con i tedeschi, ancor più all’università con tedeschi che hanno spiccato interesse e curiosità per la lingua italiana.

Dunque, un giorno due coetanee del mio corso mi hanno raccontato emozionate delle loro vacanze trascorse in Italia, precisamente in Toscana. Ed una delle loro esperienze fatte in un bar affollato di Firenze un venerdì pomeriggio, si presta molto bene come esempio per introdurre la puntata odierna di questo podcast.

Loro stavano consumando un caffè al banco. La gran parte dei clienti stavano prendendo un aperitivo, come la coppia di mezz’età affianco a loro.

Quando una delle mie compagne si è alzata per andare via, è inciampata sbadatamente sulla sedia rovesciando il Negroni (n. d. R. tipico aperitivo di Firenze) addosso alla signora affianco, che ha esclamato: “E che cavolo…!

Al che, la mia compagna accortasi del danno causato e imbarazzata ha chiesto subito scusa. Non conoscendo bene la lingua, ha immaginato che la signora fosse molto arrabbiata, ma non riusciva a capire cosa c’entrasse il cavolo. In più il barista, molto attento, ha offerto aiuto alla signora, che ancora arrabbiata ha risposto: “Fatti i cavoli tuoi!

La signora è restata nella memoria delle mie due compagne come “la signora dei cavoli”. Ma cosa voleva dire con le sue espressioni?

Dire semplicemente “E che cavolo” esprime rabbia, come ben si può capire nella situazione della signora, alla quale è stato rovesciato addosso l’aperitivo. Della signora arrabbiata si potrebbe dire che era “incavolata”, arrabbiata. Le mie due compagne invece “non ci capivano un cavolo”, ovvero non ci capivano niente.

L’espressione rivolta al barista “fatti i cavoli tuoi” equivale a dire “fatti i fatti tuoi”, che solitamente si usa in risposta a una domanda non gradita o inopportuna. Si potrebbe anche dire “sono cavoli miei”, ovvero “fatti miei”. Insomma, la signora voleva essere lasciata in pace.

Se vi siete incuriositi, vi cito altri esempi:

Fare o dire una “cavolata” significa commettere una sciocchezza, parlare da stupidi; è sinonimo di fare una sciocchezza.

Se una persona è pigra e non fa ciò che dovrebbe fare o se una cosa è inefficace, non mostra l’utilità prevista, si dice che “non fa un cavolo”; cioè non fa niente o non funziona.

Di una cosa completamente fuori luogo e inadeguata si dice che ci sta “come i cavoli a merenda”; cioè è inopportuno.

Un’azione maldestra è seguita dall’immancabile “che cavolo fai”?

Le responsabilità che non si possono schivare diventano “cavoli amari”.

Andare a ingrassare i cavoli” significa morire e diventare così concime per ciò che cresce nell’orto.

Andare a piantar cavoli” significa ritirarsi alla vita privata, abbandonare la vita pubblica per un’esistenza più semplice.

Cavolo” è utilizzato per dare enfasi al discorso. In realtà sostituisce il genitale maschile, quella parolina che inizia anche con “ca…”, attenuando la volgarità che invece potrebbe conferire quest’ultimo alla frase.

Per esempio, se una cosa non vi interessa affatto, potete dire: “Non mi importa un cavolo”, non è volgare, ma resta un’espressione colloquiale e informale.

Bene, spero che vi ricorderete di me e di questa puntata, quando vi capiterà di imbattervi in espressioni come quelle di cui vi ho parlato oggi. O se già vi siete trovati in situazioni “del cavolo” ora sapete bene come poter esprimervi adeguatamente una prossima volta.

Un saluto e alla prossima da Sofia!

Sofia, corso Interkulturelle Kommunikation, Sprachpraxis Italienisch

1. Parla come mangi

Ciao a tutti!

Benvenuti a un nuovo episodio del podcast degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf.

Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco. Cercheremo infatti spesso di mettere in evidenza le differenze tra le due lingue.

Questo episodio fa parte della rubrica dedicata alle espressioni idiomatiche legate alla cucina italiana.

Il mio nome è Giulia, sono una giovane studentessa italiana attualmente in Erasmus a Düsseldorf, e oggi vi parlerò a modo mio di questo simpatico argomento.

Gli italiani usano molto spesso proverbi, locuzioni, modi di dire nella lingua di tutti i giorni. Molto più spesso di quello che potete immaginare!

So che non vedete l’ora di scoprire i nostri strani modi di dire, perciò, iniziamo subito e non perdiamo tempo!

Oggi ve ne presenterò quattro che spero vi saranno utili nelle conversazioni più colloquiali con ad esempio amici, colleghi di lavoro o in famiglia.

Il primo che voglio analizzare con voi è Essere come il prezzemolo”.

Questo modo di dire deriva dall’uso culinario del prezzemolo, un’erba aromatica che fin dall’antichità era molto presente in cucina, nella preparazione di piatti diversi e che veniva utilizzata praticamente ovunque.

Dalle mie parti dire ad una persona: “Sei come il prezzemolo “, vuol dire: “Sei una persona che si trova dappertutto”.

Noi italiani lo diciamo quando incontriamo ripetutamente la stessa persona, in luoghi ed occasioni diverse.

Possiamo usare questa espressione anche per descrivere una persona che ha sempre un’opinione su tutto e che si intromette in varie situazioni (eh sì anche quando purtroppo non è richiesto!). 

Dai lo so che anche voi conoscete almeno una persona che non si fa mai i fatti suoi e che è un po‘ mmh come dire…impicciona!

Mia mamma, ad esempio, è come il prezzemolo, deve SEMPRE sapere tutto, dove sono e cosa faccio… ma questo sappiamo tutti che è la natura delle mamme non solo della mia!

Ma passiamo oltre!

Il secondo modo di dire è “Essere alla frutta” che è un’espressione con una sfumatura negativa.

Lo possiamo dire quando siamo arrivati alla fine di un lavoro, di un’attività, e siamo molto stanchi, moralmente o fisicamente.  

Io e le mie amiche, ad esempio, lo utilizziamo sempre durante la sessione degli esami universitari. Una frase tipo è proprio questa: “Il periodo degli esami è appena iniziato, ma io sono già alla frutta!”, già esausta.

Normalmente, la frutta si mangia alla fine di un pasto: così usiamo l’espressione “essere alla frutta” per descrivere il nostro stato d’animo quando abbiamo usato tutte le nostre energie in una situazione particolarmente faticosa. 

La stessa frase può essere interpretata anche come “arrivare alla fine, all’esaurimento di qualcosa”: all’esaurimento dei soldi, dell’ispirazione, della normalità e così via.

Questo modo di dire viene spesso usato nelle discussioni politiche o economiche per descrivere una situazione grave o senza via di uscita.

Provate a cercare su Twitter l’hashtag #siamoallafrutta e vedrete quanti post-critici verso l’attuale crisi economia italiana troverete!

Il terzo modo di dire di oggi è molto divertente tenetevi pronti… Essere una testa di rapa”.

Questa espressione la si attribuisce ad una persona che pensa poco, o male, ma perché secondo voi si dice così?

Ve lo spiego subito!

La rapa, così come altri tuberi, è composta da varie parti buone, tranne la testa che viene buttata via anche dai cuochi che conoscono l’inutilità di questa parte. Quindi l’espressione dispregiativa, di norma utilizzata verso una persona ignorante, è dovuta alla mancanza di sapore dell‘ortaggio. 

Insomma, abbiamo capito che una persona che è “una testa di rapa” vuol dire che ha la testa dura e non cambia mai idea, un po’ ottusa, non proprio brillante diciamo così.

Siamo quasi giunti alla fine di questo podcast, ma non disperate cari ascoltatori perché ho deciso di concludere in bellezza con uno dei modi di dire più utilizzati!

 Il quarto ed ultimo modo di dire di oggi è “Parla come mangi”, una delle citazioni più conosciute.

Sappiamo che mangiare è un’attività che tutti facciamo nello stesso modo: c’è un solo modo di mangiare.

Ci possono essere più modi di masticare; c’è chi mangia più o meno velocemente, c’è chi mastica il cibo più o meno a lungo, chi mangia con le posate o chi con le mani, ma mangiamo tutti nello stesso modo.

Di conseguenza se una persona parlasse come mangia il suo linguaggio sarebbe molto più comprensibile e tutti riuscirebbero a capirla.

A quanti di voi è capitato di trovarsi di fronte ad una persona che anche nelle conversazioni più semplici usa parole difficili di cui si ignora totalmente l’esistenza?! Quanto vi innervosite quando capita eh?!

Quindi se qualcuno vi parla in maniera molto complicata, e se voi avete capito che quello che sta dicendo è una cosa semplice, ma che si sta esprimendo in maniera molto difficile, potreste semplicemente dire: “parla come mangi!”, oppure “ma perché non parli come mangi?”.

Siamo arrivati alla conclusione di questa puntata, giusto per ricapitolare, vi ripeto le espressioni di che abbiamo visto oggi insieme:

  • “Essere come il prezzemolo”
  • “Essere alla frutta”
  • “Essere una testa di rapa”
  • “Parla come mangi”

Spero tanto che la puntata di oggi vi sia stata utile, che abbiate imparato qualcosa di nuovo.

Vi ringrazio per l’ascolto e non dimenticate di commentare il nostro blog!

Un saluto da Giulia e alla prossima!

Giulia, corso Interkulturelle Kommunikation, Sprachpraxis Italienisch