Laura: Buongiorno a tutte e benvenute a questo nostro speciale incontro!
Tutte: Buongiorno! Ciao a tutte!
Laura: Oggi parleremo di un oggetto che ha cambiato la nostra vita, il telefono. Ma ditemi, quando sentite questa parola, cosa vi viene in mente?
Alessandra: Beh, io penso al telefono con la tastiera a disco rotante della nonna. Quelli che ci mettevano un secolo a comporre un numero.
Laura: Eh già, un vero classico! E chi avrebbe mai immaginato quanto questo oggetto sarebbe cambiato nel corso degli anni?
Azzurra: Pensate, persino il cordless, che sembrava una rivoluzione incredibile, ora sembra un oggetto vintage!
Gaia: Io direi che il telefono fisso è praticamente “preistorico”! Ora comunichiamo con WhatsApp, Zoom, Google Meet… insomma, altro che cornetta!
Rebecca: Sapete qual è il problema? L’evoluzione tecnologica è così veloce che ci dimentichiamo la storia degli oggetti che usiamo ogni giorno.
Carlotta: O peggio ancora, non la conosciamo affatto.
Laura: Ed è proprio per questo che oggi abbiamo deciso di raccontarvi la storia del telefono. Ma non vogliamo annoiarvi con una semplice lezione: lo faremo attraverso racconti, curiosità e piccoli monologhi. Allacciate le cinture, si parte!
Azzurra: Allora, chi è stato l’inventore del telefono?
Alessandra: Ufficialmente Alexander Graham Bell, che nel 1876 brevettò il suo “metodo per trasmettere la voce mediante ondulazioni elettriche”.
Laura: Vero, ma attenzione: Bell non fu l’unico a lavorarci. C’è un nome italiano che dobbiamo ricordare… Antonio Meucci!
Carlotta: Ma davvero? E che c’entra Meucci con il telefono?
Laura: Meucci inventò il telettrofono nel 1854. Lo usava per parlare con sua moglie malata, costretta a letto dall’artrite.
Azzurra: Che storia commovente! E perché Meucci non è famoso come Bell?
Laura: Purtroppo Meucci non aveva soldi per un brevetto definitivo. Quando Bell vide il suo progetto, lo perfezionò e brevettò tutto nel 1876, diventando l’inventore ufficiale del telefono.
Rebecca: Pensate che solo nel 2002, più di un secolo dopo, Meucci fu riconosciuto ufficialmente come il vero inventore. Ma ormai era troppo tardi.
Gaia: E i primi telefoni di Bell? Come erano fatti?
Rebecca: Avevano un trasmettitore e un ricevitore collegati da un filo. In pratica, funzionavano come quelli di oggi, ma erano giganteschi.
Carlotta: E il cosiddetto “telefono dell’amante”?
Rebecca: Oh, quello era un gioco da bambini: due lattine collegate da un filo. Ci parlavi dentro e il suono arrivava dall’altra parte.
Gaia: Ah, come il “telefono senza fili” con cui ci prendevamo in giro da piccoli!
Laura: Esatto! E nei decenni successivi, il telefono continuò a evolversi. Ricordate il quadrante rotante?
Carlotta: Scomodissimo! Se avessi sbagliato numero, avresti dovuto ricominciare tutto da capo!
Rebecca: Poi arrivarono i telefoni a candelabro, eleganti ma ingombranti, seguiti dai telefoni a parete e dai modelli con la tastiera negli anni ’70.
Gaia: E il primo cellulare?
Laura: Martin Cooper inventò il primo cellulare nel 1973. Pesava un chilo, durava mezz’ora e si ricaricava in dieci ore. Ah, costava 4000 dollari!
Alessandra: Altro che smartphone! Dovevi essere un culturista per portarlo in giro!
Rebecca: E oggi? Abbiamo telefoni leggeri, potenti, con funzioni che Meucci non avrebbe nemmeno immaginato.
Laura: Abbiamo fatto un viaggio nella storia, ma ora passiamo a qualcosa di più leggero. Vi presentiamo alcuni divertenti monologhi ispirati al telefono. Gaia, a te la parola con…
Tutte: La segreteria telefonica degli anni ’60!
Gaia: «РRONTO, è la mia segreteria telefonica che vi parla… Sono uscita per lavoro o a fare la spesa, d’altra parte devo pur mangiare e accudirmi: non ho nessuno che lo faccia per me! Vi prego di richiamarmi spesso o di lasciare un messaggio, lungo per favore! Ditemi chi siete, come state, cosa volete o desiderate da me o dalla vita… cosa avete letto ultimamente… Raccontatemi le vostre fantasie ed emozioni… l’ultimo film visto… commentatemelo… parlate come se ci fossi io in attento e caldo ascolto… e non dimenticate che vi richiamerò comunque! Se siete in interurbana… non siate tirchi!!! Pensate che appena rientro a casa mi faccio sempre un buon thè… metto un bel disco e poi… con calma… vi ascolto registrati… finalmente posso sentirvi… rilassarmi dopo una giornata di stress… mentre lodo la Sip per i suoi mezzi di grande umanità, di dialogo che riempiono le mie serate di così intensa comunicazione interumana. Non mi deludete… parlatemi a lungo…. Grazie e un bacio! Ah, dimenticavo! Non mi raccontate storie angosciose! Mamma, se sei tu, non mi ammorbare con i malesseri del gatto o la tosse del babbo! E tu, Luisa, evita di annoiarmi con i tuoi problemi di convivenza e separazione… io voglio star bene!… Parlate pure dopo il segnale».
Laura: Sempre negli anni 60, una nota attrice italiana, Franca Valeri, interpretò diversi monologhi sulla telefonata da telefono fisso. Noi ve ne proponiamo uno in tre versioni diverse, a seconda delle origini delle partecipanti: Rebecca in toscano, Carlotta in romanesco ed io, Laura in milanese. Inizierà Rebecca con una cadenza un po´toscana
Rebecca: «РRONTO, è la mia segreteria telefonica che vi parla… Sono uscita per lavoro o a fare la spesa, d’altra parte devo pur mangiare e accudirmi: non ho nessuno che lo faccia per me! Vi prego di richiamarmi spesso o di lasciare un messaggio, lungo per favore! Ditemi chi siete, come state, cosa volete o desiderate da me o dalla vita… cosa avete letto ultimamente… Raccontatemi le vostre fantasie ed emozioni… l’ultimo film visto… commentatemelo… parlate come se ci fossi io in attento e caldo ascolto… e non dimenticate che vi richiamerò comunque! Se siete in interurbana… non siate tirchi!!! Pensate che appena rientro a casa mi faccio sempre un buon thè… metto un bel disco e poi… con calma… vi ascolto registrati… finalmente posso sentirvi… rilassarmi dopo una giornata di stress… mentre lodo la Sip per i suoi mezzi di grande umanità, di dialogo che riempiono le mie serate di così intensa comunicazione interumana. Non mi deludete… parlatemi a lungo…. Grazie e un bacio! Ah, dimenticavo! Non mi raccontate storie angosciose! Mamma, se sei tu, non mi ammorbare con i malesseri del gatto o la tosse del babbo! E tu, Luisa, evita di annoiarmi con i tuoi problemi di convivenza e separazione… io voglio star bene!… Parlate pure dopo il segnale».
Laura: Sentiamo invece come interpreta lo stesso monologo Carlotta, che viene da Roma.
Carlotta: «РRONTO, è la mia segreteria telefonica che vi parla… Sono uscita per lavoro o a fare la spesa, d’altra parte devo pur mangiare e accudirmi: non ho nessuno che lo faccia per me! Vi prego di richiamarmi spesso o di lasciare un messaggio, lungo per favore! Ditemi chi siete, come state, cosa volete o desiderate da me o dalla vita… cosa avete letto ultimamente… Raccontatemi le vostre fantasie ed emozioni… l’ultimo film visto… commentatemelo… parlate come se ci fossi io in attento e caldo ascolto… e non dimenticate che vi richiamerò comunque! Se siete in interurbana… non siate tirchi!!! Pensate che appena rientro a casa mi faccio sempre un buon thè… metto un bel disco e poi… con calma… vi ascolto registrati… finalmente posso sentirvi… rilassarmi dopo una giornata di stress… mentre lodo la Sip per i suoi mezzi di grande umanità, di dialogo che riempiono le mie serate di così intensa comunicazione interumana. Non mi deludete… parlatemi a lungo…. Grazie e un bacio! Ah, dimenticavo! Non mi raccontate storie angosciose! Mamma, se sei tu, non mi ammorbare con i malesseri del gatto o la tosse del babbo! E tu, Luisa, evita di annoiarmi con i tuoi problemi di convivenza e separazione… io voglio star bene!… Parlate pure dopo il segnale».
Laura: Ora sarebbe il mio turno, ma preferisco andare avanti con gli altri e lasciarvelo per la fine. Vi propongo un piccolo testo improvvisato sulla brutta abitudine di non spegnere i telefonini a teatro. Azzurra interpreterà la parte di un’attrice di teatro!
Azzurra: Buongiorno a tutti, io sono un’attrice e vorrei fare un podcast sull’importanza di spegnere i telefonini in sala durante uno spettacolo.Lo vorrei dedicare a tutti quegli attori, artisti, musicisti che ormai esausti e imploranti chiedono: “Per favore, spegnete i telefonini in sala! Siamo angosciati per questo, perché non riuscite a venire a teatro senza avere con voi il vostro telefonino e … SQUILLO DEL TELEFONO… Scusate…Pronto? Ah, ma no, sicuro… va bene…ma…dimmi pure… stavo iniziando a fare il podcast sul problema di tenere il telefonino acceso a teatro….Ah, è accaduto anche a te? Ma ricordi quella volta che quella signora in prima fila, non solo aveva il telefonino acceso, ma ha addirittura risposto alla chiamata, dicendo ad alta voce: “Non posso parlare adesso perché sono a teatro”. L’attrice che stava recitando non riusciva ad andare avanti. Pensa che la scorsa settimana scorsa mi è capitato in chiesa! Durante la lettura del Vangelo, una signora ha risposto al telefono, dicendo: “Scusa ma sono a messa e se parlo mi sentono tutti.”Comunque, adesso vorrei chiudere e continuare a lavorare con il mio post…sì…va bene…. Sì hai ragione, devo anche registrare il mio monologo di Shakespeare per domani…Inizio subito. Ci sentiamo più tardi. Ok, prima il monologo e poi il podcast.
Laura: Una scrittrice statunitense Doroty Parker. Ha scritto un bel monologo sull’attesa di una telefonata, che non arriva mai. Questo monologo viene spesso proposto anche in lingua italiana. Lo interpreterà Alessandra.
Alessandra: «Dio, fammelo chiamare adesso. Dio, fammelo chiamare subito. Subito, proprio adesso. Dio, fammi questa piccola cosa, e io ti farò qualsiasi cosa in cambio. Qualsiasi cosa, te lo prometto.
Io ti prometto che non chiederò mai più nulla a nessuno, mai più. Solo, fammelo chiamare ora. Fammelo chiamare adesso, tra un minuto. Oh, Dio, Dio, fammelo chiamare adesso.**
«Perché sono stata così stupida? Perché ho parlato tanto? Lui mi ha detto che mi avrebbe chiamata alle cinque. Sono solo le sette ora. Non è tardi, davvero. Non è mai tardi, non c’è niente di male.
Non posso aspettare ancora un po‘, posso? Ma se lui non chiamasse affatto? Non posso pensare a questo. Non ci posso pensare, non ci devo pensare.»
«Mi chiamerà. Mi chiamerà perché ha detto che mi avrebbe chiamata. Oh, ma gli uomini dicono sempre cose che non intendono. Dicono sempre che ti chiameranno. E poi non chiamano.
Non è che non si preoccupino. Non è che non vogliano parlare con te. È solo che… dimenticano. Oh, Dio, perché non mi ha chiamato? Non sarebbe così difficile, una semplice telefonata.
Non voglio niente di più. Voglio solo sapere che si ricorda di me, che mi pensa.»
«Ma forse ha dimenticato. Forse ha trovato qualcun’altra da chiamare. Oh, no, non lo avrebbe fatto. Non lui. Lui non è come tutti gli altri. Lui è diverso. Ha detto che mi avrebbe chiamata e lo farà.
Ma perché non chiama allora? Perché mi fa aspettare così?»
«Oh, per favore, Dio, fallo chiamare adesso. Non sopporto questa attesa. Non posso più aspettare. È tutto quello che chiedo, solo che chiami adesso, subito. Non posso continuare a vivere così.
Non posso. Se lui non chiama, che cosa farò? Che cosa farò? Non posso sopportarlo. Non posso sopportare che non chiami. Se lui non chiama, io morirò. Morirò.»
Laura: E ora vi proponiamo un piccolo monologo da “Le telefonate notturne ” di Dino Buzzati, con la suadente voce di Gaia.
Gaia: «Da un mese, ogni notte, puntualmente alle tre, il telefono squilla. All’inizio, era solo un suono fastidioso, ma poi cominciai a pensare che non fosse una coincidenza. Ogni notte, alla stessa ora. Una volta mi decisi a rispondere: „Pronto?“, ma dall’altro capo nessuna risposta. Solo un respiro profondo, un silenzio inquietante. Provai a parlare di nuovo: „Chi è? Cosa vuole?“. Ma niente. La stessa cosa ogni notte, il suono del telefono mi svegliava di soprassalto e ogni volta che sollevavo la cornetta trovavo quel silenzio gelido. Col tempo, questo mi stava logorando. Cominciai a immaginare che quella persona avesse un messaggio importante per me, ma per qualche motivo non riusciva a esprimersi. O forse ero io che non volevo ascoltare. Qualunque fosse la ragione, quella chiamata notturna divenne un appuntamento fisso con la mia solitudine. Chi chiamava? E perché proprio a quell’ora? Nessuno lo sapeva, nessuno rispondeva. Solo il suono di un telefono che squillava nel cuore della notte.»
Laura: Siamo giunti quasi alla fine. Mi congedo da voi con l’ultima versione del monologo della signora Cecioni, di Franca Valeri con il mio accento milanese. Prima di iniziare io e le mie colleghe vi salutiamo, sperando di avervi fatto sorridere e vi diamo appuntamento a un prossimo podcast!
«РRONTO, è la mia segreteria telefonica che vi parla… Sono uscita per lavoro o a fare la spesa, d’altra parte devo pur mangiare e accudirmi: non ho nessuno che lo faccia per me! Vi prego di richiamarmi spesso o di lasciare un messaggio, lungo per favore! Ditemi chi siete, come state, cosa volete o desiderate da me o dalla vita… cosa avete letto ultimamente… Raccontatemi le vostre fantasie ed emozioni… l’ultimo film visto… commentatemelo… parlate come se ci fossi io in attento e caldo ascolto… e non dimenticate che vi richiamerò comunque! Se siete in interurbana… non siate tirchi!!! Pensate che appena rientro a casa mi faccio sempre un buon thè… metto un bel disco e poi… con calma… vi ascolto registrati… finalmente posso sentirvi… rilassarmi dopo una giornata di stress… mentre lodo la Sip per i suoi mezzi di grande umanità, di dialogo che riempiono le mie serate di così intensa comunicazione interumana. Non mi deludete… parlatemi a lungo…. Grazie e un bacio! Ah, dimenticavo! Non mi raccontate storie angosciose! Mamma, se sei tu, non mi ammorbare con i malesseri del gatto o la tosse del babbo! E tu, Luisa, evita di annoiarmi con i tuoi problemi di convivenza e separazione… io voglio star bene!… Parlate pure dopo il segnale».
TESTI:
„Telefonata della signora Cecioni“ di Franca Valeri
Spegnete i telefonini
„Una telefonata“ di Dorothy Parker
“Le telefonate notturne” di Dino Buzzati