Conversazioni telefoniche

Laura: Buongiorno a tutte e benvenute a questo nostro speciale incontro!
Tutte: Buongiorno! Ciao a tutte!
Laura: Oggi parleremo di un oggetto che ha cambiato la nostra vita, il telefono. Ma ditemi, quando sentite questa parola, cosa vi viene in mente?

Alessandra: Beh, io penso al telefono con la tastiera a disco rotante della nonna. Quelli che ci mettevano un secolo a comporre un numero.
Laura: Eh già, un vero classico! E chi avrebbe mai immaginato quanto questo oggetto sarebbe cambiato nel corso degli anni?
Azzurra: Pensate, persino il cordless, che sembrava una rivoluzione incredibile, ora sembra un oggetto vintage!
Gaia: Io direi che il telefono fisso è praticamente “preistorico”! Ora comunichiamo con WhatsApp, Zoom, Google Meet… insomma, altro che cornetta!
Rebecca: Sapete qual è il problema? L’evoluzione tecnologica è così veloce che ci dimentichiamo la storia degli oggetti che usiamo ogni giorno.
Carlotta: O peggio ancora, non la conosciamo affatto.

Laura: Ed è proprio per questo che oggi abbiamo deciso di raccontarvi la storia del telefono. Ma non vogliamo annoiarvi con una semplice lezione: lo faremo attraverso racconti, curiosità e piccoli monologhi. Allacciate le cinture, si parte!

Azzurra: Allora, chi è stato l’inventore del telefono?

Alessandra: Ufficialmente Alexander Graham Bell, che nel 1876 brevettò il suo “metodo per trasmettere la voce mediante ondulazioni elettriche”.
Laura: Vero, ma attenzione: Bell non fu l’unico a lavorarci. C’è un nome italiano che dobbiamo ricordare… Antonio Meucci!
Carlotta: Ma davvero? E che c’entra Meucci con il telefono?
Laura: Meucci inventò il telettrofono nel 1854. Lo usava per parlare con sua moglie malata, costretta a letto dall’artrite.
Azzurra: Che storia commovente! E perché Meucci non è famoso come Bell?
Laura: Purtroppo Meucci non aveva soldi per un brevetto definitivo. Quando Bell vide il suo progetto, lo perfezionò e brevettò tutto nel 1876, diventando l’inventore ufficiale del telefono.

Rebecca: Pensate che solo nel 2002, più di un secolo dopo, Meucci fu riconosciuto ufficialmente come il vero inventore. Ma ormai era troppo tardi.

Gaia: E i primi telefoni di Bell? Come erano fatti?
Rebecca: Avevano un trasmettitore e un ricevitore collegati da un filo. In pratica, funzionavano come quelli di oggi, ma erano giganteschi.

Carlotta: E il cosiddetto “telefono dell’amante”?
Rebecca: Oh, quello era un gioco da bambini: due lattine collegate da un filo. Ci parlavi dentro e il suono arrivava dall’altra parte.
Gaia: Ah, come il “telefono senza fili” con cui ci prendevamo in giro da piccoli!

Laura: Esatto! E nei decenni successivi, il telefono continuò a evolversi. Ricordate il quadrante rotante?
Carlotta: Scomodissimo! Se avessi sbagliato numero, avresti dovuto ricominciare tutto da capo!
Rebecca: Poi arrivarono i telefoni a candelabro, eleganti ma ingombranti, seguiti dai telefoni a parete e dai modelli con la tastiera negli anni ’70.

Gaia: E il primo cellulare?
Laura: Martin Cooper inventò il primo cellulare nel 1973. Pesava un chilo, durava mezz’ora e si ricaricava in dieci ore. Ah, costava 4000 dollari!
Alessandra: Altro che smartphone! Dovevi essere un culturista per portarlo in giro!
Rebecca: E oggi? Abbiamo telefoni leggeri, potenti, con funzioni che Meucci non avrebbe nemmeno immaginato.

Laura: Abbiamo fatto un viaggio nella storia, ma ora passiamo a qualcosa di più leggero. Vi presentiamo alcuni divertenti monologhi ispirati al telefono. Gaia, a te la parola con…

Tutte: La segreteria telefonica degli anni ’60!

Gaia: «РRONTO, è la mia segreteria telefonica che vi parla… Sono uscita per lavoro o a fare la spesa, d’altra parte devo pur mangiare e accudirmi: non ho nessuno che lo faccia per me! Vi prego di richiamarmi spesso o di lasciare un messaggio, lungo per favore! Ditemi chi siete, come state, cosa volete o desiderate da me o dalla vita… cosa avete letto ultimamente… Raccontatemi le vostre fantasie ed emozioni… l’ultimo film visto… commentatemelo… parlate come se ci fossi io in attento e caldo ascolto… e non dimenticate che vi richiamerò comunque! Se siete in interurbana… non siate tirchi!!! Pensate che appena rientro a casa mi faccio sempre un buon thè… metto un bel disco e poi… con calma… vi ascolto registrati… finalmente posso sentirvi… rilassarmi dopo una giornata di stress… mentre lodo la Sip per i suoi mezzi di grande umanità, di dialogo che riempiono le mie serate di così intensa comunicazione interumana. Non mi deludete… parlatemi a lungo…. Grazie e un bacio!  Ah, dimenticavo! Non mi raccontate storie angosciose! Mamma, se sei tu, non mi ammorbare con i malesseri del gatto o la tosse del babbo! E tu, Luisa, evita di annoiarmi con i tuoi problemi di convivenza e separazione… io voglio star bene!… Parlate pure dopo il segnale».

Laura: Sempre negli anni 60, una nota attrice italiana, Franca Valeri, interpretò diversi monologhi sulla telefonata da telefono fisso. Noi ve ne proponiamo uno in tre versioni diverse, a seconda delle origini delle partecipanti: Rebecca in toscano, Carlotta in romanesco ed io, Laura in milanese. Inizierà Rebecca con una cadenza un po´toscana  

Rebecca: «РRONTO, è la mia segreteria telefonica che vi parla… Sono uscita per lavoro o a fare la spesa, d’altra parte devo pur mangiare e accudirmi: non ho nessuno che lo faccia per me! Vi prego di richiamarmi spesso o di lasciare un messaggio, lungo per favore! Ditemi chi siete, come state, cosa volete o desiderate da me o dalla vita… cosa avete letto ultimamente… Raccontatemi le vostre fantasie ed emozioni… l’ultimo film visto… commentatemelo… parlate come se ci fossi io in attento e caldo ascolto… e non dimenticate che vi richiamerò comunque! Se siete in interurbana… non siate tirchi!!! Pensate che appena rientro a casa mi faccio sempre un buon thè… metto un bel disco e poi… con calma… vi ascolto registrati… finalmente posso sentirvi… rilassarmi dopo una giornata di stress… mentre lodo la Sip per i suoi mezzi di grande umanità, di dialogo che riempiono le mie serate di così intensa comunicazione interumana. Non mi deludete… parlatemi a lungo…. Grazie e un bacio!  Ah, dimenticavo! Non mi raccontate storie angosciose! Mamma, se sei tu, non mi ammorbare con i malesseri del gatto o la tosse del babbo! E tu, Luisa, evita di annoiarmi con i tuoi problemi di convivenza e separazione… io voglio star bene!… Parlate pure dopo il segnale».

Laura: Sentiamo invece come interpreta lo stesso monologo Carlotta, che viene da Roma.

Carlotta: «РRONTO, è la mia segreteria telefonica che vi parla… Sono uscita per lavoro o a fare la spesa, d’altra parte devo pur mangiare e accudirmi: non ho nessuno che lo faccia per me! Vi prego di richiamarmi spesso o di lasciare un messaggio, lungo per favore! Ditemi chi siete, come state, cosa volete o desiderate da me o dalla vita… cosa avete letto ultimamente… Raccontatemi le vostre fantasie ed emozioni… l’ultimo film visto… commentatemelo… parlate come se ci fossi io in attento e caldo ascolto… e non dimenticate che vi richiamerò comunque! Se siete in interurbana… non siate tirchi!!! Pensate che appena rientro a casa mi faccio sempre un buon thè… metto un bel disco e poi… con calma… vi ascolto registrati… finalmente posso sentirvi… rilassarmi dopo una giornata di stress… mentre lodo la Sip per i suoi mezzi di grande umanità, di dialogo che riempiono le mie serate di così intensa comunicazione interumana. Non mi deludete… parlatemi a lungo…. Grazie e un bacio!  Ah, dimenticavo! Non mi raccontate storie angosciose! Mamma, se sei tu, non mi ammorbare con i malesseri del gatto o la tosse del babbo! E tu, Luisa, evita di annoiarmi con i tuoi problemi di convivenza e separazione… io voglio star bene!… Parlate pure dopo il segnale».

Laura: Ora sarebbe il mio turno, ma preferisco andare avanti con gli altri e lasciarvelo per la fine.  Vi propongo un piccolo testo improvvisato sulla brutta abitudine di non spegnere i telefonini a teatro. Azzurra interpreterà la parte di un’attrice di teatro!

Azzurra: Buongiorno a tutti, io sono un’attrice e vorrei fare un podcast sull’importanza  di spegnere i telefonini in sala durante uno spettacolo.Lo vorrei dedicare a tutti  quegli attori, artisti, musicisti che ormai esausti e imploranti chiedono: “Per favore, spegnete i telefonini in sala! Siamo angosciati per questo, perché non riuscite a  venire a teatro senza avere con voi il vostro  telefonino e … SQUILLO DEL TELEFONO… Scusate…Pronto? Ah, ma no, sicuro… va bene…ma…dimmi pure… stavo iniziando a fare il podcast sul problema di tenere il telefonino acceso a teatro….Ah, è accaduto  anche a te? Ma ricordi  quella volta che quella  signora in prima fila, non solo aveva il telefonino acceso, ma ha addirittura risposto alla chiamata, dicendo ad alta voce: “Non posso parlare adesso perché sono a teatro”. L’attrice che stava recitando non riusciva ad andare avanti. Pensa che la scorsa settimana scorsa mi è capitato in chiesa! Durante la lettura del Vangelo, una signora ha risposto al telefono, dicendo: “Scusa ma sono a messa e se parlo mi sentono tutti.”Comunque, adesso vorrei chiudere e continuare a lavorare con il mio post…sì…va bene…. Sì hai ragione, devo anche registrare il mio monologo di Shakespeare per domani…Inizio subito. Ci sentiamo più tardi. Ok, prima il monologo e poi il podcast.

Laura: Una scrittrice statunitense Doroty Parker. Ha  scritto un bel monologo sull’attesa di una telefonata, che non arriva mai. Questo monologo viene spesso proposto anche in lingua italiana. Lo interpreterà Alessandra.

Alessandra: «Dio, fammelo chiamare adesso. Dio, fammelo chiamare subito. Subito, proprio adesso. Dio, fammi questa piccola cosa, e io ti farò qualsiasi cosa in cambio. Qualsiasi cosa, te lo prometto.

Io ti prometto che non chiederò mai più nulla a nessuno, mai più. Solo, fammelo chiamare ora. Fammelo chiamare adesso, tra un minuto. Oh, Dio, Dio, fammelo chiamare adesso.**

«Perché sono stata così stupida? Perché ho parlato tanto? Lui mi ha detto che mi avrebbe chiamata alle cinque. Sono solo le sette ora. Non è tardi, davvero. Non è mai tardi, non c’è niente di male.

Non posso aspettare ancora un po‘, posso? Ma se lui non chiamasse affatto? Non posso pensare a questo. Non ci posso pensare, non ci devo pensare.»

«Mi chiamerà. Mi chiamerà perché ha detto che mi avrebbe chiamata. Oh, ma gli uomini dicono sempre cose che non intendono. Dicono sempre che ti chiameranno. E poi non chiamano.

Non è che non si preoccupino. Non è che non vogliano parlare con te. È solo che… dimenticano. Oh, Dio, perché non mi ha chiamato? Non sarebbe così difficile, una semplice telefonata.

Non voglio niente di più. Voglio solo sapere che si ricorda di me, che mi pensa.»

«Ma forse ha dimenticato. Forse ha trovato qualcun’altra da chiamare. Oh, no, non lo avrebbe fatto. Non lui. Lui non è come tutti gli altri. Lui è diverso. Ha detto che mi avrebbe chiamata e lo farà.

Ma perché non chiama allora? Perché mi fa aspettare così?»

«Oh, per favore, Dio, fallo chiamare adesso. Non sopporto questa attesa. Non posso più aspettare. È tutto quello che chiedo, solo che chiami adesso, subito. Non posso continuare a vivere così.

Non posso. Se lui non chiama, che cosa farò? Che cosa farò? Non posso sopportarlo. Non posso sopportare che non chiami. Se lui non chiama, io morirò. Morirò.»

Laura: E ora vi proponiamo un piccolo monologo da “Le telefonate notturne ” di Dino Buzzati, con la suadente voce di Gaia.

Gaia: «Da un mese, ogni notte, puntualmente alle tre, il telefono squilla. All’inizio, era solo un suono fastidioso, ma poi cominciai a pensare che non fosse una coincidenza. Ogni notte, alla stessa ora. Una volta mi decisi a rispondere: „Pronto?“, ma dall’altro capo nessuna risposta. Solo un respiro profondo, un silenzio inquietante. Provai a parlare di nuovo: „Chi è? Cosa vuole?“. Ma niente. La stessa cosa ogni notte, il suono del telefono mi svegliava di soprassalto e ogni volta che sollevavo la cornetta trovavo quel silenzio gelido. Col tempo, questo mi stava logorando. Cominciai a immaginare che quella persona avesse un messaggio importante per me, ma per qualche motivo non riusciva a esprimersi. O forse ero io che non volevo ascoltare. Qualunque fosse la ragione, quella chiamata notturna divenne un appuntamento fisso con la mia solitudine. Chi chiamava? E perché proprio a quell’ora? Nessuno lo sapeva, nessuno rispondeva. Solo il suono di un telefono che squillava nel cuore della notte.»

Laura: Siamo giunti quasi alla fine. Mi congedo da voi  con l’ultima versione del monologo della signora Cecioni, di Franca Valeri con il mio accento milanese. Prima di iniziare io e le mie colleghe vi salutiamo, sperando di avervi fatto sorridere e vi diamo appuntamento a un prossimo podcast!

«РRONTO, è la mia segreteria telefonica che vi parla… Sono uscita per lavoro o a fare la spesa, d’altra parte devo pur mangiare e accudirmi: non ho nessuno che lo faccia per me! Vi prego di richiamarmi spesso o di lasciare un messaggio, lungo per favore! Ditemi chi siete, come state, cosa volete o desiderate da me o dalla vita… cosa avete letto ultimamente… Raccontatemi le vostre fantasie ed emozioni… l’ultimo film visto… commentatemelo… parlate come se ci fossi io in attento e caldo ascolto… e non dimenticate che vi richiamerò comunque! Se siete in interurbana… non siate tirchi!!! Pensate che appena rientro a casa mi faccio sempre un buon thè… metto un bel disco e poi… con calma… vi ascolto registrati… finalmente posso sentirvi… rilassarmi dopo una giornata di stress… mentre lodo la Sip per i suoi mezzi di grande umanità, di dialogo che riempiono le mie serate di così intensa comunicazione interumana. Non mi deludete… parlatemi a lungo…. Grazie e un bacio!  Ah, dimenticavo! Non mi raccontate storie angosciose! Mamma, se sei tu, non mi ammorbare con i malesseri del gatto o la tosse del babbo! E tu, Luisa, evita di annoiarmi con i tuoi problemi di convivenza e separazione… io voglio star bene!… Parlate pure dopo il segnale».

TESTI:

Telefonata della signora Cecioni“ di Franca Valeri

Spegnete i telefonini

„Una telefonata“ di Dorothy Parker

“Le telefonate notturne” di Dino Buzzati

4_BICCHIERE DI VINO O BICCHIERE DA VINO?

Wenn eine Präposition den Unterschied macht.

Episodio 1

https://open.spotify.com/episode/3iRE0ZXvNuiGhFNEXZBOzo?si=evwVcfs4SlWypCKhOWi-JA

Episodio 2

https://open.spotify.com/episode/5WQstGJ39TkKKhxdEJgjVI?si=hdcGMLm_RN2IEflH7mqUiQ

Episodio 3

In fase di preparazione…

Episodio 4

https://open.spotify.com/episode/0pUom0nQHY8vXg4rl7bk2u?si=NUJ6GwCmSJiEmdfXAOU7cw

Episodio 5

https://open.spotify.com/episode/66LErL5sT1N2L5EVbalj2I?si=wdSnI2sERG6tIODob9BoAQ

Episodio 6

https://open.spotify.com/episode/1d74kUe52RRF9fIlVTxHNC?si=z-CYwrsJSSeZAOHIl-zmSg

Episodio 7

https://open.spotify.com/episode/6WGblZP9BlVzM9OC9Y9wLF?si=pp9xEPqlQoGMFx3-j5AFsw

Episodio 8

https://open.spotify.com/episode/6rOBaohCFhyRZIu14aGpl0?si=2W0dF8-XTWmuo-gGvPHXuA

Episodio 9

https://open.spotify.com/episode/5tU0hsSfPYLEXNe9Eg2QyG?si=TVFU5BffQh6kmk4QrO-pTA

Episodio 10

https://open.spotify.com/episode/3U4CH1GeQRe7KLq1J2EQZv?si=19749bc64c9d4585

Episodio 11

https://open.spotify.com/episode/0SfrobVNKD6IPqVaoCUL3k?si=1SjClCguSnWZwfAcQRM4kQ

Episodio 12

https://open.spotify.com/episode/4uCGwEu9tpevLvaN0JZvMT?si=e1e566722d424458

Episodio 13

https://open.spotify.com/episode/0tFszShLl36BKpISrmlTWc?si=RPbg6qOoTr6vmT5UQ1_xSg





2_EIN CAPPUCCINO MACHT NOCH KEIN DOLCE VITA

ITALIANISMEN IN DER DEUTSCHEN SPRACHE

(Foto: Pixabay)

Episodio 1

Episodio 2

Episodio 3

Episodio 4

Episodio 5

Episodio 6

Soffice, molle, obeso e prima

Ascolta la puntata su Anchor o su Spotify

Ciao e benvenuti a un nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf.

Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco, cercheremo infatti spesso di mettere in evidenza le differenze tra le due lingue.

Questo episodio fa parte della rubrica dedicata ai falsi amici.

Il mio nome è Lorenzo e oggi vi parlerò a modo mio di questo argomento.

Come state? Spero che il podcast della settimana scorsa, sui falsi amici, vi sia piaciuto. Quindi per approfondire questo tema molto interessante, ho preparato una seconda parte su questo fenomeno linguistico. Buon divertimento!

Vi ricordate l’esempio della scorsa volta con groß e grosso? Abbiamo detto che groß significa alto e grosso significa essere sovrappeso e potrebbe essere mal interpretato da un ragazzo alto e snello.

Ecco oggi vi presento un esempio molto simile con le parole mollig e molle. Come vedete queste parole si assomigliano molto, però confondendole c’è il rischio di finire in un malinteso molto imbarazzante, come quello della scorsa settimana; perché per parlare di qualità fisiche di una persona oggi più che mai bisogna pesare le parole che si usano.

Noi italiani usiamo la parola molle per dire che qualcosa non è duro ma morbido e soffice.

Facciamo un esempio: Sei in un negozio di materassi e chiedi al negoziante:

“Ciao cerco un materasso, me ne può consigliare uno?”

Lui risponde:” Certo, preferisce uno duro oppure uno più molle?”

Tu dici:” Posso provare quello duro?”

Lui risponde:” Si ecco qua… provi se le piace”

Dopo che ti ci sei sdraiato ti rendi conto che il materasso è troppo duro, ci ripensi e dici:” Hm non lo so, mi sa che ne prendo uno un po‘ più molle

Invece mollig in tedesco ha tutto un altro significato. Si usa per dire che una persona ha qualche chilo in più. Quindi quando siete in un negozio di materassi e il commesso o la commessa hanno effettivamente qualche chilo in più , fate attenzione ad usare la parola giusta.

Passiamo alla prossima coppia di falsi amici.

La parola è prima. Adesso magari vi chiedete: “Va bene, però manca ancora la parola tedesca.” Invece no…perché la parola tedesca si scrive in modo uguale.

Quindi qui abbiamo un caso estremo di falsi amici, perché si tratta di parole identiche, che però hanno un significato diverso.

Prima in italiano si usa per indicare che qualcosa è successa un po‘ di tempo fa, per esempio:” Prima sono stato a fare la spesa ed adesso sto cucinando.”

Invece in tedesco si usa per dire che qualcosa è molto buono. Per restare all’esempio di cucina, un amico tedesco che hai invitato ad mangiare da te, ti potrebbe dire che la cena che hai preparato “prima, era davvero prima”.

Siamo ora  all’ultima coppia di falsi amici di questa puntata:

Parliamo di nuovo di due parole identiche. In questo caso di netto.

In italiano usiamo l’affermazione netto quando parliamo del peso di qualcosa. Per esempio se sali sulla bilancia, per sapere il tuo peso netto ti devi togliere tutte le robe da addosso, quindi ti devi alleggerire il più possibile. Praticamente devi essere nudo. In cucina, se pesi la farina in un contenitore, il peso netto è solo quello della farina senza contenitore.

La parola tedesca però non va così lontana da quella italiana perché anche in tedesco si usa il termine Netto riferito al peso (Nettogewicht) . Siccome il concetto è qui che ci si alleggerisce di qualcosa, cioè il tuo stipendio dopo aver tolto le trattenute fiscali e  previdenziali

Quindi in questo caso si parla di soldi e non di peso vero è proprio.

Prima di concludere riepiloghiamo i falsi amici di questa puntata:

  • mollig – molle
  • prima – prima
  • netto – netto

Ragazzi questi erano un paio d’esempi sugli amati falsi amici. Come ho già detto nell’altra puntata, anche io ho avuto i miei problemi con questa categoria di parole, quindi non vergognatevi se succede anche a voi. Rideteci su e imparate divertendovi!

Scrivete nei commenti le esperienze che avete fatto con i falsi amici e magari potete aggiungere qualche altra coppia di parole di cui non abbiamo ancora parlato.

Ciao a tutti!

(Testo di Lorenzo)

Nota/voto, professore/insegnante, emerito e pensionato 

Ascolta la puntata su Anchor o su Spotify

Buongiorno a tutti! Spero che stiate tutti bene. Benvenuti a un nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf.

Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco, cercheremo infatti spesso di mettere in evidenza le differenze tra le due lingue.

Questo episodio fa parte della rubrica dedicata ai falsi amici.

Io sono Lena e oggi vi parlerò a modo mio di questo argomento. Come la volta scorsa ci occuperemo oggi di qualche coppia di falsi amici. Ho preparato tre coppie di parole che mi sembrano essere interessanti per voi come parlanti di madrelingua tedesca. Tutte le coppie di falsi amici che vi presenterò vengono spesso usate in contesto scolastico. Siete al momento studenti? O vi ricordate dei tempi della scuola e dell’università? Adesso, state attenti e ascoltate bene per evitare fraintendimenti quando parlate in italiano.

Se andate a scuola o all’università cosa è importante? I risultati degli esami. Allora, se studiate in Italia potrebbe essere che volete sapere cosa ha fatto il vostro amico all’esame. Quindi, quando lo vedete una settimana dopo l’esame, gli chiederete: “Hai già ricevuto la tua nota?”. Se non sa parlare tedesco, il vostro amico non vi capirà e risponderà “La mia nota? Non so suonare uno strumento musicale. Che cosa vuoi dire?” Vedete: il fatto è che in italiano una “nota” è una nota musicale. Dunque, i musicisti leggono le note sullo spartito quando suonano un pezzo. Ma voi volevate sapere il risultato dell’esame del vostro amico. Quindi, avreste dovuto usare la parola italiana “voto”.

Però, “Note” e “nota” sono una coppia di falsi amici particolare. Avete notato perché? In tedesco non esiste questa differenza tra una nota musicale e un voto. Usiamo la stessa parola per i due significati, la parola “Note”. Per questo è molto difficile per gli apprendenti tedeschi ricordarsi di fare una differenza quando parlano in italiano. Provate a ricordare questo: la coppia dei falsi amici Note e “nota” consiste dalla parola tedesca “Note” che in italiano può essere tradotto con due parole diverse. Per la Note che indica il risultato di un esame dovete dire “il voto” e per l’altra “Note”, il segno musicale, “la nota musicale”.

Diamo uno sguardo più da vicino alla vita scolastica quotidiana e occupiamoci di un’altra coppia di falsi amici, cioè Professor e professore. Perché sono falsi amici? Guardiamo insieme un esempio per capire meglio quello che cerco di dirvi. Immaginate: siete in Italia per studiare all’università di Milano. Un giorno andate alla lezione di letteratura e incontrate uno dei vostri amici italiani che impara tedesco da un anno. Entrambi non siete lontani dalla laurea. Lui vi chiede in tedesco: “Come stai? Sai già che cosa vuoi fare dopo la laurea?” Voi volete diventare un professore di letteratura all’università. Quindi, rispondete in tedesco al vostro amico che volete lavorare come Professor. Il vostro amico vuole sapere di più e vi chiede: “Davvero? Non pensavo che ti piacesse insegnare in una scuola.” Adesso, voi sarete confusi e direte: “In una scuola? No, vorrei insegnare in una università.” La spiegazione per il fraintendimento è questa: In italiano, il termine “professore” è un concetto più generale che comprende i professori e docenti universitari, ma anche gli insegnanti delle scuole, sia scuole medie o scuole superiori. In tedesco però, la parola Professor designa solo i docenti e professori che lavorano in una università. Perciò, se aveste voluto essere più chiari avreste dovuto dire “Si, lo so già. Vorrei lavorare come professore universitario.” Notate che questa è solo una specificazione. In Italia la gente vi capirà, ma dovete essere coscienti del fatto che il termine è definito in modo più ampio in italiano che in tedesco. Dunque, la parola la più precisa per il tedesco Professor è professore universitario. Ma potete anche usare la sola parola professore per designare un Professor.

Tocca a voi decidere come esprimervi esattamente. Ma state attenti: perché anche gli insegnanti nelle scuole vengono chiamati “professori”.

L’ultima coppia di parole che potrebbero causare difficoltà per voi come parlanti del tedesco è la coppia costituita da due aggettivi: emerito e emeritiert. Secondo me questo è la coppia più difficile da memorizzare. Ma non vi preoccupate, ve lo spiegherò subito. Allora, sono sicura che sapete tutti che il termine emeritiert nella lingua tedesca viene usato per professori universitari che sono andati in pensione, che non lavorano più. In italiano, invece, l’aggettivo “emerito” ha un significato completamente diverso. Designa una persona o una cosa eccellente o fantastica. Pertanto, è così difficile per parlanti di madrelingua tedesca. Questa coppia di parole è diversa delle altre che abbiamo trattato oggi perché è una coppia di falsi amici di tipo classico. Vuol dire: indipendentemente dal fatto che si faccia l’errore in italiano o in tedesco, l’uso della parola scorretta, causerà senza dubbio un malinteso. Vi faccio un esempio. Siete andati in Italia per fare la laurea specialistica in linguistica.  Frequentate un corso con un amico di madrelingua italiana. Il corso è dato dal professore Tosatto, ma a voi non piace la sua maniera di insegnare. Ora volete sapere se anche il vostro amico lo vede così. Dunque, dite: “Vorrei che il professore Esposito facesse il corso. Perché il professore Tosatto non è ancora emerito?” Il vostro amico molto confuso vi risponde “Non lo so. Pensi che il professore Tosatto sia veramente eccellente?”. Voi sorpresi rispondete: “Eccellente? No, penso proprio il contrario e vorrei che non facesse più corsi.”

Pensate alla spiegazione che vi avevo dato prima di fare l’esempio. Il vostro amico ha frainteso la vostra domanda perché avete usato una parola italiana pensando alla sua apparente controparte tedesca. Avreste dovuto dire “Perché il professore Tosatto non è ancora andato in pensione”. Come avete imparato, “emerito” in italiano è un sinonimo di fantastico o eccellente.”

In cambio, se un italiano dice in tedesco “Ammiro la mia professoressa di matematica. È una professoressa emeritiert.” il suo interlocutore tedesco penserà che questa professoressa non lavori più e sia andata in pensione.

Ricapitoliamo! Abbiamo imparato che esistono coppie di parole, che si chiamano “falsi amici” che causano difficoltà a parlanti di madrelingua tedesca perché suonano simili ad una parola tedesca ma non significano neanche lontanamente la stessa cosa. Le parole che abbiamo trattato oggi si usano in un contesto scolastico o universitario: emeritoemeritiert, professoreProfessor e notaNote. La miglior cosa da fare è memorizzare i significati di queste parole per evitare fraintendimenti. Secondo me, il modo migliore è imparare queste parole direttamente come coppia di parole. Se imparate una o due coppie di falsi amici per giorno, siete sulla buona strada per essere in grado di esprimervi chiaramente in italiano. Buon lavoro, buona giornata e a presto!

(Testo di Lena)

Comico/komisch, compasso/Kompass e concorso/Konkurs

Ascolta la puntata su Anchor o su Spotify

Gentili amici ascoltatori, siamo contenti di avervi insieme a noi in questo nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf. Il mio nome è Ester e questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco, cercheremo infatti spesso di mettere in evidenza le differenze tra le due lingue.

Questo episodio fa parte della rubrica dedicata ai falsi amici. La settimana scorsa vi abbiamo chiesto sul nostro blog di raccontarci qualche vostra simpatica esperienza con queste paroline dispettose a tema “fraintendimenti d’amore” e ci avete fatto divertire un sacco! Ne abbiamo scelte dunque alcune da condividere con voi, per divertirci insieme e perché no, anche imparare qualcosa di nuovo. Ci occuperemo dunque con voi delle coppie di parole comico/komisch, compasso/Kompass e concorso/Konkurs. Siete pronti? Cominciamo allora!

Il primo episodio che abbiamo scelto è quello di Sarahw23 che ci scrive:

Primo appuntamento da incubo! Lui tedesco, io italiana. Usciamo, andiamo in un ristorante carino, ordiniamo una pizza e un calice di vino a testa. Serata molto piacevole, insieme stiamo bene fino a quando, mentre mando giù un sorso di vino, lui inizia a raccontare una barzelletta davvero divertente. Non riuscendo proprio a trattenermi, scoppio a ridere e macchio di vino la sua camicia bianca. Non potete immaginare l’imbarazzo! Io a disagio comincio a scusarmi in tutti i modi e provo ad eliminare la macchia dalla camicia bagnando un tovagliolo, gli dico: “Perdonami ma… sei stato davvero comico!”. A quel punto lui fa una faccia dapprima stupita, poi infastidita. Si alza dal tavolo e mi dice: “Comico, io? Cosa dovrei dire di te… guarda cosa hai fatto! Vado in bagno.” e indicando la camicia scuote il capo. “Comico io… comico io…” lo sento ripetere borbottando mentre si allontana. Lì per lì ci rimango male non comprendendo perché la parola “comico” lo avesse offeso tanto. Inutile dire che quello fu il nostro primo ed ultimo appuntamento. La cosa buffa è che lui si è rifatto vivo qualche giorno fa dopo anni con un messaggio che diceva: “Ciao Sarah, ti ricordi di me? “Tom-il-comico” ahah. Ai tempi ero convinto che la parola comico significasse “strano” perché assomigliava molto alla parola tedesca “komisch”. E pensare che ti ho trattata con tanto sgarbo per nulla… Se può valere ancora qualcosa, ti porgo oggi le mie più sincere scuse! :)”. Che dire ragazzi, un episodio davvero tragiCOMICO! Vi saluto, Sarah.

Ringraziamo allora Sarah che oggi ci ha insegnato: MAI dare del comico ad un tedesco!

E andiamo subito avanti con PaolinoForzaMilan che ci scrive:

Ciao ragazzi, vi seguo da anni e vi adoro! Alle scuole medie frequentavo un corso facoltativo di pittura perché avevo una cotta segreta per l’insegnante, che era una biondina molto graziosa della città di Francoforte arrivata da poco in Italia. Inutile dire che di disegno non capivo veramente nulla ma avevo cercato qualche frase semplice in tedesco su Google e aspettavo l’occasione giusta per impressionarla. Un giorno decisi di andarle a parlare con una scusa e vedendo che aveva in mano un compasso le dissi: “Entschuldigung, ich habe… Kompass…verloren.”. Lei ridacchiò perplessa.“Il suo banco è il penultimo della terza fila. Proprio lì, ‘direzione nord’. Sono sicura che saprà raggiungerlo anche da solo” mi disse e sorridendo divertita si voltò. “Ed il compasso, posso averlo?” le replicai quindi confuso. Lei scosse il capo e scoppiò a ridere. “Achso, der Zirkel! Era questo allora che cercavi di dire! Tieni, prendilo pure” mi rispose e me lo porse. “Effettivamente era strano che tu mi domandassi una bussola… Credevo fosse un modo di fare un po’ il simpatico!” aggiunse poi. Insomma, il mio tentativo di conquistarla non si rivelò poi un grande successo, ma almeno ritrovai la strada per tornare al banco! Ciao ragazzi!


 
 Grazie Paolo per averci insegnato come non rimorchiare un’insegnante! Ora sappiamo che “Kompass” e “compasso” non significano poi proprio la stessa cosa… ma passiamo al prossimo messaggio! Ce lo manda Lara23:

Buonasera a tutti! Il mio nome è Lara e vengo da Colonia, in Germania. Quando mi sono trasferita in Italia ho iniziato a lavorare per la ditta dei miei sogni ma non parlavo ancora bene l’italiano. C’era un mio collega molto carino con il quale oggi sono felicemente sposata, Marco, che soprattutto in quel primo periodo mi sosteneva molto e mi teneva al corrente dei vari appuntamenti lavorativi. In quei primi mesi l’azienda stava vivendo un po’ di difficoltà economiche e l’atmosfera era tesa, il capo parlava di licenziamenti. Un giorno Marco si è presentato alla mia scrivania con una faccia triste e mi ha detto di dovermi dare una notizia. “Buona o cattiva?” gli ho domandato preoccupata e lui: “Beh… Il capo mi ha detto di dirti del concorso…” ed ha sorriso ma nello stesso istante io sono scoppiata a piangere. “Oh cielo! Mi licenzieranno, ci licenzieranno tutti!” ripetevo inconsolabile. Marco mi ha abbracciata forte dicendomi che il volto triste era solo un gioco per potermi poi sorprendere con una notizia bella e che non c’era motivo di piangere. “Il concorso è una grande occasione! Potresti ottenere una promozione ed io credo che con le tue capacità dovresti assolutamente partecipare!” ha aggiunto asciugandomi le lacrime. Da noi in Germania il termine “Konkurs” significa “fallimento”! Che spavento! Però per farsi perdonare mi ha invitata a cena quella sera stessa e direi che tutto sommato quel crudele fraintendimento è valso la pena! A presto!

Grazie allora anche a Lara per aver condiviso con noi questo divertente, romanticissimo ricordo! Salutiamo anche il suo Marco e auguriamo ad entrambi ancora tanti concorsi e nessun Konkurs!

Ringraziamo inoltre tutti gli altri che da casa ci ascoltano per i tantissimi commenti pieni di storie divertentissime e vi invitiamo a visitare il nostro blog per leggere altri esempi e scoprire ancora nuovi falsi amici! Vi auguriamo una buona serata e ci sentiamo al prossimo podcast!

(Testo di Ester)

Scalpello, bisturi, statista, comparsa, stipendio e borsa di studio

Ascolta la puntata su Anchor o su Spotify

Ciao e benvenuti a un nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf.

Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco, cercheremo infatti spesso di mettere in evidenza le differenze tra le due lingue. Questo episodio fa parte della rubrica dedicata ai falsi amici.

Spero che stiate bene e che siate pronti ad ascoltare una nuova puntata.

Vi ricordate cosa sono i falsi amici?

Sono quelle coppie di parole di lingue diverse che si assomigliano molto, ma che hanno significati diversi nelle rispettive lingue.

Ecco tre esempi che vi semplificheranno un po‘ la comprensione delle differenze nelle due lingue.

Cominciamo con il primo esempio:

Fabiano e Udo sono in una gelateria a Lecce, stanno prendendo un aperitivo  e parlano delle loro ragazze.  Fabiano dice che fra 3 mesi sarà il compleanno della sua ragazza e che le vuole regalare un portachiavi fatto a mano in cui inciderà il suo nome con uno scalpello. Udo lo guarda stranito e gli spiega che in tedesco Skalpell è uno strumento medico che usa il chirurgo per operare.

Udo e Fabiano scoppiano tutti e due a ridere per la somiglianza della parola tedesca Skalpell e del suo significato completamente diverso rispetto all’italiano; la parola tedesca Skalpell significa infatti in italiano bisturi e chiaramente non è lo strumento adatto per incidere un nome sul cuoio.

Immaginate ora quest’altra situazione: una studentessa tedesca chiamiamola, Janine è in Italia e fa lì il suo anno erasmus.  All’università chiacchiera con una nuova amica italiana, Chiara, e le racconta il suo sogno di fare un film come statista. Chiara non sa cosa dire ma poi commenta  che non sapeva  che la sua amica fosse così interessata a film dallo sfondo politico. Janine si meraviglia e risponde che in realtà preferirebbe partecipare a una commedia. Si chiede allora se forse la parola statista abbia un altro significato.

In italiano statista significa uomo di stato, un uomo politico di grande importanza,  addirittura storica per un paese. Per questo Chiara è confusa, mentre quello che intendeva Janine era Statist: cioè un attore o un’attrice che agisce come un personaggio non principale in un film, insomma una comparsa.

Siete ancora svegli? Allora, continuiamo con l’ultimo esempio!

Immaginate ora questa scena:

c’è una festa e la stessa Janine dell’ultimo esempio ci è andata e ha conosciuto un tipo. Lui le ha raccontato parecchio di sé pavoneggiandosi del suo lavoro e del suo stipendio. Ma non riesce ad impressionare Janine, perché questa alla parola stipendio gli chiede se riceve un ulteriore sostegno perché sicuramente prende poco.

Il ragazzo è confuso e le dice che non ne ha bisogno ed è molto soddisfatto del suo  stipendio. Poi le chiede se intende dire veramente stipendio o confonde questa parola con un’altra. Janine confessa che pensava che la parola avesse lo stesso significato del tedesco.

Quello che Janine intendeva era Stipendium che significa “sostegno in denaro per gli studenti”, mentre ovviamente il ragazzo intendeva semplicemente guadagno, ovvero i soldi ricevuti a fine mese.

Insomma avete sentito che situazioni strane?

Udo aveva capito che Fabiano voleva incidere il nome della sua fidanzata con il bisturi sul portachiavi di cuoio fatto con le sue mani!

Janine voleva fare la statista in una commedia italiana e credeva che il ragazzo che ha conosciuto alla festa avesse problemi di soldi perché prende uno stipendio!

Ripetiamo allora le frasi in modo che abbiano senso compiuto:

Fabiano vuole incidere il nome con uno scalpello. Il bisturi invece lo usa un chirurgo!

Janine vuole fare la comparsa in una commedia italiana. Lo statista è un capo politico.

E il ragazzo che ha conosciuto alla festa non è uno studente con una borsa di studio, ma un lavoratore che percepisce il suo stipendio mensile.

Ripetiamo le parole tedesche che hanno creato confusione:

Skalpell in italiano si dice bisturi

Statist significa comparsa

Stipendium significa borsa di studio 

Se non si fa attenzione si possono prendere fischi per fiaschi, cioè ci si può sbagliare di molto!

Grazie per l’ascolto e spero a presto!

Ciao!

*Testo di Laura, letto da Irene

Asilo, artista, acrobata, racchetta e missile/razzo

Ascolta la puntata su Anchor o su Spotify

Ciao a tutti!

Benvenuti a un nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf.

Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco. Cercheremo infatti spesso di mettere in evidenza le differenze tra le due lingue.

Questo episodio fa parte della rubrica dedicata ai falsi amici.

Il mio nome è Sabrina e oggi vi parlerò per la seconda volta a modo mio di questo argomento.

Vi ricordate i tre gruppi di parole di cui avevamo parlato la scorsa volta? Beh, oggi ve ne presenterò altri tre che, come sempre, spero vi aiuteranno a non commettere più malintesi…

Iniziamo subito con la parola asilo ed ecco il primo esempio:

Ci troviamo in un parco e due mamme fanno amicizia e iniziano a chiacchierare sui loro bambini. Una delle due mamme ad un certo punto racconta all’altra di quanto sia felice che i suoi bambini da settembre andranno all’asilo e che la mattina lei avrà un po’ più di tempo per sé stessa. L’altra mamma che parla con un accento straniero, anche un po’ tedesco, la guarda stranita e poi domanda “Quando hai imparato a parlare l’italiano così bene? Siete profughi? Da che paese venite? Siete perseguitati politici? Mi dispiace per i bambini…”

Ecco qui come possono nascere dei fraintendimenti su queste due parole. La prima signora, infatti, per asilo intendeva quel un luogo in cui c’è tanta vita, allegria e divertimento, quel posto in cui i bambini si divertono, imparano ma soprattutto, diciamoci la verità, dove gridano e fanno casino. Avete capito quindi? Beh, intendeva un Kindergarten. Invece, quello a cui stava pensando la seconda signora era ad un Asyl, che in italiano porta sì la parola asilo ma sempre, e mi raccomando ricordatevelo, sempre, accompagnata dalla parola politico, quindi asilo politico.

Passiamo adesso ad un’altra parola che secondo me può creare dei malintesi molto divertenti.

Ci troviamo in un museo e un gruppo di tedeschi decide di voler prendere una guida turistica italiana per farsi spiegare le varie opere e capire meglio quello che stanno guardando. Arrivati davanti al primo quadro, la guida inizia a raccontare un po’ sulla vita dell’artista del quadro e nota che tutti i tedeschi iniziano a fare delle facce strane e a ridere… All’inizio la guida decide di non dire nulla però arrivati davanti al terzo quadro e vedendo di nuovo i visi dei tedeschi e le loro espressioni nel sentire la parola artista, decide di chiedere loro quale sia la cosa divertente. Un tedesco allora la guarda e le risponde ‘no no non ridiamo per lei, ridiamo perché non pensavamo che qui in Italia gli artisti dipingessero quadri, da noi fanno solo spettacoli al circo’.

Ecco un altro malinteso. Un artista in italiano può essere un pittore, uno scultore, un musicista, insomma un artista è Künstler in tedesco, mentre quello di cui i ragazzi tedeschi pensavano si trattasse era di un acrobata da circo perché come ben sapete, Artist in tedesco è quello.

E ora passiamo alla terza situazione ambigua e divertente:

Siamo in un torneo di tennis molto molto importante e i due giocatori che si sfideranno sono di nazionalità diverse. Uno è italiano e l’altro è tedesco. Entrambi hanno un inglese pessimo e quindi devono un po’ arrangiarsi con qualche parola buttata lì a caso e con il linguaggio del corpo. L’italiano si avvicina al tedesco e inizia a chiedergli dove siano finite le sue racchette, non le trova più. Il tedesco alla parola Rakete alza gli occhi al cielo ma non vede nulla, così risponde solo ‘Nein nein’. L’italiano stupito dalla reazione del tedesco nel guardare verso il cielo si chiede come mai, inizia a pensare che il tedesco sia un po’ fuori di testa… come fanno le racchette a cadere dal cielo? Si chiede.

Ed ecco il terzo malinteso. La racchetta non è die Rakete, die Rakete in italiano si dice razzo, e quelli sì che vanno in cielo. La racchetta è semplicemente quell’attrezzo con cui si gioca a tennis che in tedesco sarebbe ein Tennisschläger.

Spero tanto che la puntata di oggi vi sia stata utile, che abbiate imparato qualcosa di nuovo ma che soprattutto sia che si parli di asilo, di artista o di racchetta sappiate riconoscere le differenze tra l’italiano e il tedesco!

Ah e non dimenticate di commentare il nostro blog se anche a voi sono successe situazioni simili!

Un saluto da Sabrina e alla prossima!

Freizeitbeschäftigung, camera da letto, Schlafzimmer e Firma

Ascolta la puntata su Anchor o su Spotify

Benvenuto ad un nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf. Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco, cercheremo infatti spesso di mettere in evidenza le differenze tra le due lingue. Questo episodio fa parte della rubrica dedicata ai falsi amici.

Il mio nome è Ester ed oggi ti parlerò a modo mio di questo argomento.

Sì, caro amico ascoltatore, vivo in Germania da nove anni. Come dici? Se la lingua è semplice da apprendere? No, non direi, è molto diversa dalla nostra. No, non si comprende ad orecchio, le parole non si assomigliano quasi mai… e menomale! Perché, domandi? Perché quando questo accade, mio caro amico, è meglio che tu faccia molta attenzione! Potresti esserti imbattuto in un dispettoso falso amico! Di cosa si tratta, mi domandi? Lascia che ti racconti, allora, di questa e quella volta in cui dovetti confrontarmi io stessa con questi “simpatici” soggetti…

La prima volta che questo accadde ero arrivata a Düsseldorf da appena pochi mesi e mi affannavo, seppur con entusiasmo, ad assimilare quante più parole possibili nella nuova lingua.

Quella mattina avevo imparato il termine “Freizeitbeschäftigung” e me ne pavoneggiavo inserendolo come il prezzemolo in questo e quel discorso. Quando così mi ritrovai a conversare con un simpatico compagno di scuola tedesco, non persi l’occasione di domandargli se avesse qualche attività ricreativa (Freizeitbeschäftigung). Lui rispose sorridendo che amava la sua “Kamera” e mi chiese se avessi qualche interesse particolare anch’io. Ridendo risposi qualcosa del tipo: “La camera è anche una mia grande passione! Praticamente passo tutto il mio tempo libero dormendo!”. Potrai facilmente immaginare, gentile amico, quanto mi emozionò constatare che la parola camera (da letto) fosse così simile a quella italiana e quindi così semplice da apprendere! Ma, ahimè, Paul sembrò confuso. “Dormire?” mi domandò infatti. “Siamo sicuri di star parlando della stessa cosa? A me dormire non piace affatto, le foto migliori le scatto la mattina presto!”. Ci misi un po’ ad apprendere la parola tedesca “Schlafzimmer” (camera da letto) ma che il termine tedesco “Kamera” significasse “macchina fotografica”, quello, amico mio, lo compresi in un secondo e non lo scordai più!

Il secondo divertente episodio ebbe luogo proprio in una “Schlafzimmer” (camera da letto).

Io e la mia amica Lena, sedute sul suo letto, chiacchieravamo e ci aggiornavamo sugli eventi e le novità più recenti. “Non immagini Lena cosa è accaduto ieri!” le dissi ad un tratto abbassando il tono della voce. Mi fece cenno con il capo di proseguire. “I genitori di Mirko lo hanno sorpreso in camera con una dose in mano… non ti dico come si sono arrabbiati!”. Lena ridacchiò. “Per una dose di birra? Vedrai che gli passerà presto, non preoccuparti!” e fece per cambiare argomento. “Lena, cosa hai capito? Una dose di erba…”. Quel giorno appresi così che il termine tedesco “Dose” corrisponde alla parola italiana “lattina”.

L’ultimo esempio che mi viene in mente risale ai tempi della scuola media, quando abitavo ancora in Italia. Una mia compagna tedesca molto carina era abbattuta perché desiderava tanto iscriversi ad un concorso di bellezza ma non poteva. Le domandai il perché e lei rispose che le avevano chiesto la firma dei genitori. Le risposi quindi che era normale e lei si alterò molto: “Normale, scherzi forse? Come possono domandarmi una cosa del genere, la Firma dei miei genitori!”. Era davvero amareggiata e compresi che probabilmente non comprendesse correttamente il significato della parola italiana “firma”. Infatti, oggi che vivo in Germania lo so, la mia compagna Greta era convita che per partecipare al concorso dovesse cedere la ditta dei genitori. Il termine ditta in tedesco si dice infatti “Firma”. E pensare che se solo ne fossi stata consapevole già allora, la mia amica avrebbe potuto fare molta strada in un mondo a lei così affine!

Ti renderai adesso conto, caro amico lettore, di come la lingua tedesca possa essere per noi italiani alle volte davvero complessa ed estranea, persino quando così non ci appare! Con questo non voglio certo scoraggiarti ad avvicinarti a questo mondo così affascinante. Ricorda solo: il tedesco non è lo spagnolo! Se dovesse quindi capitarti in questo entusiasmante percorso di imbatterti in termini apparentemente molto simili ad altri nostri italiani, ti sprono a non giudicarli con superficialità ed informarti invece con più cura sul loro effettivo significato. E se anche a te capiterà di confonderti, non scoraggiarti! Farai tesoro di qualche simpatico aneddoto ed imparerai tu stesso, piano, a riconoscere i falsi amici e smascherarli!

Cozze, piatto caldo, chef e capo

Buongiorno, ciao e benvenuti a un nuovo episodio del podcast in lingua italiana degli studenti del dipartimento di Romanistica dell’università Heinrich-Heine di Düsseldorf.

Ascolta la puntata su Anchor o su Spotify

Questo podcast è dedicato a chi impara l’italiano e vive in un paese germanofono o a italiani che imparano il tedesco. Cercheremo infatti spesso di mettere in evidenza le differenze tra le due lingue.

Questo episodio fa parte della rubrica dedicata ai falsi amici. Il mio nome è Angelo e oggi vi parlerò di falsi amici, falsche Freunde nella gastronomia.

Io ho lavorato tanti anni nella gastronomia, per questo in questa puntata del podcast farò degli esempi di falsi amici, tipici della cucina.

Abbiamo già detto che i falsi amici sono parole di diverse lingue, che hanno la stessa ortografia o risultano simili a livello fonetico e morfologico, ma hanno un significato diverso.

Difatti i falsi amici sono omografi ma mai sinonimi. Questi ci ingannano poiché, essendo vicini alla nostra lingua madre, ci inducono per analogia ad essere affrettati nel provare ad indovinare il significato di un termine.

GUARDIAMO INSIEME ALCUNI ESEMPI…

Si sa che le cozze sono una specialità di frutti di mare (mitili). In tedesco li chiamano Miesmuscheln. la parola Kotze, invece, che suona uguale in tedesco ha un significato molto diverso. Pensate un po’, significa vomito.

A me e già successo di trascorrere l’estate in Italia a San Remo con amici tedeschi e di osservare le loro reazioni davanti al menù. Eravamo in un locale per la cena, il mio amico guardando il menù ha cominciato a ridere.

“Che cosa sono le cozze?”,” Was genau sind cozze?”, mi ha chiesto con un sorriso sul viso. Io per chiarire le cose ho indicato qualcuno che stava mangiando un piatto di cozze al tavolo accanto. Certo che per i tedeschi pensare alla parola Kotze a tavola non è una cosa molto appetitosa.

Dopo poco tempo il cameriere ha portato un piatto di cozze ad un altro tavolo e la risata era finita.

ORDINARE UN PIATTO DI COZZE IN ITALIA CON AMICI TEDESCHI PUÒ CREARE UN PO‘ DI CONFUSIONE!

Non parliamo dei piatti caldi che, in tedesco con la parola kalt, hanno proprio il significato contrario. Anche Questo può confondere perché nel menù tra i piatti caldi ci sono, per esempio, le pizze o piatti di pasta.

In Germania le kalte Speisen o Vorspeisensono piatti come per esempio, insalate, vitello tonnato o bruschetta.  Io credo che succeda molto spesso a turisti tedeschi di  ordinare un piatto caldo, quando intendono invece fare il contrario. 

Il terzo esempio é la parola chef che in Italia è il cuoco di un ristorante, in Germania invece è il capo di un’azienda. Se un tedesco vuole parlare con lo chef in un ristorante italiano, probabilmente ci sarà un può di confusione prima di arrivare a capire che lo chef italiano non è necessariamente il capo dell’azienda gastronomica.

In Germania la parola Capo invece è ben conosciuta per tanti film vecchi, per esempio, il padrino, dove i mafiosi parlano tante volte del capo di tutti capi (Der Boss aller Bosse).

Con la mia parte volevo fare vedere come sia facile sbagliare anche nel contesto gastronomico: si vede che i falsi amici possono complicare la vita dei consumatori, ma anche dei dipendenti che lavorano con tanta fatica e con una certa pressione. 

Per i gastronomi probabilmente la soluzione migliore è un menù internazionale in tutte le lingue che aiuterebbe anche i clienti a fare la scelta giusta a tavola e il personale a non avere problemi con le ordinazioni.

Adesso siamo già arrivati alla fine di questa puntata.

Nella prossima puntata parleremo di nuovi esempi di falsi amici.

Vi auguro una buona settimana!

Il vostro Angelo, tanti saluti!