„Se ingoio queste salsicce una per una, la gente lo capirà che sono italiana come loro? Identica a loro?”

La protagonista del racconto “Salsicce” di Igiaba Scego, contenuto nella raccolta “Pecore nere” edita da Laterza del 2005 , compra alla vigilia di Ferragosto cinque chili di salsicce con l’intento di margiarle tutte – lei mussulmana sunnita –  per sentirsi italiana al cento per cento. Ma non ci riesce. Perchè non sa come prepararle, se friggerle, lessarle o farle al forno. Perché, nonostante provi a cucinarle, non può identificarle con una tradizione culinaria familiare, neppure ispirarsi a ricette materne: infatti l’unico piatto con carne suina mangiato a casa per sbaglio e poi vomitato è stato un’insalata di riso con wurstel truffaldini finiti inavvertitamente nella pietanza con i sottaceti. Infine pur spinta dal suo fermo proposito, vomita il primo boccone di salsiccia prima ancora di ingoiarlo.  

(Foto: Canva)

Ma perché questa sfida contro la propria pancia? Le salsicce devono risolvere un conflitto interiore che si acuisce in seguito alla domanda posta dall’esaminatrice di un concorso pubblico se la protagonista si senta più italiana o più somala. Una domanda simile a quella che si potrebbe fare a un bambino, chiedendogli se ami più la mamma o il papà. Insomma, una domanda poco intelligente.  

Se è già difficile definire la propria identità, è ancora più difficile frazionarla. Come dire di essere per ¾ somala e per ¼ italiana? O ½ italiana e ½ somala? La soluzione all’interminabile rimuginio della protagonista è la stesura di due liste in cui nero su bianco lei enumera i caratteri della sua identità. Noi da lettori ci rendiamo subito conto di quanto il suo essere binazionale sia un arricchimento, proprio perché le caratteristiche di questa persona si raddoppiano riempendo due liste e non solo… danno spazio a contraddizioni, gusti culinari misti, comportamenti contraddittori ma che non si escludono. 

In fondo non riuscire a mangiare delle salsicce non è poi così drammatico se si ha il passaporto italiano, si passa un concorso pubblico, si parla il romanesco, si guardano film di Ettore Scola, Alberto Sordi e Vittorio De Sica, si fa zapping per i programmi italiani come la protagonista.  

Il problema di base è un problema di pancia: 1) l’odore delle salsicce non l’attira, anzi è ripugnante; 2) il modo in cui le prepara (le lessa) non stimola l’appetito; 3) quando ne assaggia un pezzo prova subito rigetto e lo vomita. La pancia si oppone così all’imposizione della testa di fare qualcosa (mangiare le salsicce) per definire la propria identità (essere italiana). Ma questa è una convinzione erronea perché essere vegetariani o vegani è una tendenza molto diffusa oggi in Italia. Inoltre l’italiano medio non è una persona stereotipata. Viene da chiedersi dunque perché non accettare i fatti per quelli che sono senza precipitare in conflitti di identità che si basano su una mentalità superficialmente tradizionalista e mono-culturalista. Esistono tradizioni e costumi nazionali, esistono mode di massa, ma nella nostra società occidentale oggi siamo liberi di seguire alternative, modi di fare e di essere più consoni ai propri gusti personali e alle proprie esigenze.  

Al di là delle abitudini alimentari è il colore della pelle il vero problema della protagonista, il tratto che la fa sentire inevitabilmente straniera. A un certo punto scrive:  “Io mi sento tutto, ma a volte non mi sento niente. Per esempio sono niente sull’autobus quando sento la frase Questi stranieri sono la rovina dell’Italia e mi sento gli occhi della gente appiccicati addosso tipo big bubble.”   “Il razzismo non è una burla.”, scrive ancora. Ma qui non si tratta più solo di una percezione soggettiva, di un complesso psicologico, è un dato di fatto di cui parlano pagine e pagine di quotidiani nazionali e internazionali. Di questo ci occuperemo in un’altra occasione.  

Soffermandoci sulla nostra lettura questa volta abbiamo voluto guardare e riflettere sulle nostre abitudini legate a diversi contesti nazionali e culturali e ci siamo divertiti a stilare anche noi delle liste contenenti i nostri tratti italiani e tedeschi, ma non solo, per rafforzare la consapevolezza che essere binazionali o trinazionali è un arricchimento di cui essere orgogliosi.  

Cliccate sui nomi e ascoltate cosa raccontano gli studenti e le studentesse della laurea triennale di Romanistica sulle proprie abitudini e la loro nazionalità.

(Testo di Cinzia Tanzella)

Questa è un’occasione anche per te per rivedere le tue abitudini. Vuoi inviarci anche tu la tua lista? Scrivi a tanzella@hhu.de    

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Lektorin für Italienisch an der HHU / Romanistik

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